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Strage di Mestre, le foto maledette dopo lo schianto del bus

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Dall'11 settembre del 2001 sono passati ormai 22 anni. Quel giorno, un attentato terroristico alle Torri Gemelle di New York causò la morte di 2977 poveri innocenti, oltre a ferire più di 6000 persone. Quando rivediamo le immagini di quel tragico evento, il nostro pensiero va immediatamente a tutti quei vigili del fuoco, agenti di polizia o semplici civili accorsi sul luogo che, in qualche modo, tentavano di estrapolare dalle macerie chi ancora poteva essere salvato. In quell'occasione, i newyorkesi dimostrarono tutto il loro senso civico, dando prova di riuscire a conservare un briciolo di umanità, nonostante l'orrore della vicenda.

Nell'era dei social network l'unica cosa che conta è mostrare ai propri followers di essere presenti a un evento preciso: se non lo posti, non ci sei veramente stato. Accade, per esempio, durante i concerti. In molti casi, gli artisti sul palco chiedono addirittura ai propri fan di riporre il proprio cellulare in tasca in modo da potersi godere lo spettacolo a pieno. Ma, esibizioni musicali a parte, l'ossessione del post si verifica anche in occasioni che richierebbero un atteggiamento diverso. E che ci fanno riflettere su quanto la nostra società sia profondamente peggiorata.

 

 

La tragedia di Mestre non è neanche lontanamente paragonabile all'attentato alle Torri Gemelle. Ma ha comunque scosso tutto il Paese, tanto da indurre lo stesso Luca Zaia, governatore del Veneto, a indurre tre giorni di lutto regionale. Gli eroi di questa vicenda sono alcuni passanti che, trovandosi in prossimità del luogo del fatto, sono immediatamente corsi in aiuto delle vittime. Boubacar Toure, Godstime Erheneden e Bujar Bucaj, per esempio, hanno estratto dalle macerie una bambina, salvandole la vita. Ma non tutti i presenti hanno avuto lo stesso atteggiamento. 

"Nessuno è venuto a darmi una mano - racconta Bucaj a Il Messaggero - Continuavano a scattare foto e a girare video con il cellulare piuttosto che accorrere riflette l'uomo Mi chiedo come possano sentirsi ora, consapevoli che avrebbero potuto intervenire ma che in realtà non l'hanno fatto. E questo - conclude l'uomo - è per me un dolore grande: potevano fare di più e chissà, magari salvare qualche vita". Secondo l'imprenditore veneziano Stefano gavazzi: "È più importante riprendere e farsi un bel selfie sul luogo della tragedia, anziché salvare una vita. Piuttosto che fare qualcosa di realmente utile per gli altri. Meglio una fotografia macabra, invece che poter dire: 'Ho fatto il possibile per salvare qualcuno'. C'era la gara a chi aveva il cellulare più vicino al luogo dello schianto - confessa Gavazzi - Solo una persona, dal cavalcavia, ha lanciato un estintore. Per il resto tutti lì, immobili".

 

 

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