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Milano, al corteo "pacifista" si inneggia alle Brigate Ezzedin di Hamas

Pietro De Leo, Enrico Paoli
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Una veemenza antigovernativa è il filo rosso che attraversa la penisola e collega le manifestazioni pro Palestina di Milano e Roma. Sì, perché rispetto alle settimane passate, agli ordinari slogan raccapriccianti si affianca una maggiore ostilità contro l’esecutivo italiano e le scelte di politica estera. Nella Capitale, per esempio, questo lo si coglie nel grande striscione che chiede “Una nuova Norimberga per i crimini dell’Occidente in Palestina”. Questo striscione riporta, di fianco alla scritta, i volti del presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, del premier israeliano, Bibi Netanyahu, e ancora di Joe Biden, Ursula von der Leyen e il Segretario Generale Nato Jens Stoltemberg. Tutti rigorosamente in bianco e nero, a sottolineare il tono di un incubo.

E ad evidenziare anche le idee piuttosto confuse della protesta: Norimberga, come noto, fu la sede del processo ai criminali nazisti. Ma se c’è proprio un ambito dove Hitler e il Terzo Reich esercitano una fascinazione, quello è l’universo del fondamentalismo islamico, compreso Hamas e ciò che le sta attorno (anni fa, a Gaza fu aperto un negozio di abbigliamento “a tema” denominato proprio Hitler).

IL CONCENTRAMENTO
Comunque, a Roma l’appuntamento, anzi il “concentramento” come da tam tam social, era alle 14 di ieri, Piazza Vittorio, quartiere Esquilino, cuore multietnico di Roma a due passi dalla Stazione Termini. Si ritrovano sigle della sinistra radicale, come Potere al Popolo, Usb, Rifondazione Comunista, i giovani di Cambiare Rotta. La “piattaforma”, se così si può chiamare, stavolta è più larga rispetto a quella dello scorso sabato, e non si concentra più soltanto sul Medio Oriente ma si riassume nello slogan “Fuori l’Italia dalle guerre”. E tornano, dunque, gli slogan anti Nato e le invettive contro il sostegno che il nostro Paese dà all’Ucraina.

Per il resto, è un riecheggiare di cori già ascoltati in queste settimane, nella Capitale e non solo: “Palestina libera” e “Contro l’Apartheid ora e sempre resistenza”. Immancabile, poi, “Fuori l’Italia dalla Nato”. Sul piano musicale, “Bella Ciao” si aggiunge alle musiche palestinesi nella “colonna sonora” che accompagna il corteo verso Piazza San Giovanni, nell’associazione ideologica tra resistenza italiana e lotta palestinese.

Ma è anche il campionario degli striscioni a fornire la radiografia per l’anima di questo corteo. Appeso al camion che è in testa alla manifestazione c’è la scritta: “Organizziamo il boicottaggio a Israele”, a testimonianza che, da quelle parti, il messaggio è molto chiaro: negare allo Stato ebraico il diritto di esistere. E ancora un grande classico, “governo Meloni- governo dei Padroni”. E anche “Nato Ue Sionisti, cacciamoli via”. La selva di bandiere propone lo schieramento già collaudato: vessilli panarabi affiancati alle bandiere rosse, ormai connubio che segna queste settimane.

 

 

Stavolta, però, il colpo d’occhio è di molto inferiore rispetto al corteo dello scorso sabato, e il numero che filtra sfiora le cinquemila partecipazioni (circa un quarto della manifestazione precedente). Il tempo inclemente getta un po’ di pioggia su Roma, ma il corteo va avanti, fino a San Giovanni, e verso le sei di sera si conclude una manifestazione che segna, di fatto, il ritorno dell’uguale.

A Milano lo spartito suonato dai pro Palestina, partiti da piazza Oberdan e terminato in una piazza Missori blindata, essendo a due passi dal Duomo e non troppo lontano dalla kermesse della Lega (pro Occidente e pro Istraele) non è stato troppo dissimile da quello della Capitale. I manifestanti se la sono presa essenzialmente con la premier, Giorgia Meloni, e il suo governo, dimostrando come la solidarietà per Gaza e i suoi abitanti sia poco più che un pretesto.

 

Qualche velata critica è stata rivolta anche al capo dello Stato, Sergio Mattarella, accusato di non pronunciare mai la parola Palestina. Del resto a governare questa manifestazione sono state la sinistra antagonista e i centri sociali, sempre in cerca di micce da incediare o proteste da guidare. Al punto da essere capaci di accogliere i sostenitori di Hamas, quelli del Partito marxista leninista piazzati nella pancia del corteo e protetti dai giovani palestinesi con la bandiera sulle spalle, dai quali prendere le distanze solo a manifestazione terminata e archiviata. Facile così. Troppo facile.

IL SOLITO SPARTITO
Il corteo organizzato da “Milano antifascista antirazzista meticcia e solidale” è partito con i cori d’ordinanza, come “Palestina libera” o “Israele fascista, Stato terrorista”, ai quali si sono aggiunti gli insulti al leader della Lega, Matteo Salvini, accusato di essere “fascista”. Numerose le bandiere palestinesi, portate da donne con il velo in testa e giovani arabi di seconda generazione, decisi a ostentare il loro essere poco italiani ma molti vicini alle ragioni dei palestinesi. A macchiare il lungo serpentone anche le insegne di Sinistra italiana e Unione Popolare, con il cartellone firmato dal Partito marxista leninista italiano inneggiante ad Hamas. 

La risposta della Lega è arrivata sempre dalle parole di Salvini contro «l’occupazione» della Palestina: «Gli ultimi fascisti rimasti sono quelli che stanno sfilando per la città e che odiano Israele, nostalgici dell’odio e della paura», ha attaccato dal palco il leader del Carroccio. Nelle tre ore di manifestazione, e oltre 4mila partecipanti secondo la Questura, i pro Palestina hanno detto e fatto vedere di tutto. In piazza Missori il corteo “stop war”, per la fine della guerra a Gaza, ha proiettato sul muro del palazzo dell’Inps un video che ritraeva insieme la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il presidente degli Usa, Joe Biden, e il premier di Israele Benjamin Netanyahu. Al termine la scritta «Palestina libera dal colonialismo israeliano e dalla complicità occidentale», a cui la folla ha risposto con un grande applauso. Nel video anche un ricordo per le 10 mila vittime del conflitto nella striscia di Gaza. 

«Oggi avete tutti le mani sporche di sangue. E noi non ce ne dimenticheremo. Chiamate le cose con il proprio nome. Questo non è un conflitto. C’è un oppressore e un oppresso», ha detto una delle organizzatrici. «Il popolo palestinese resterà vivo fino alla sua vittoria. Resistenza», hanno urlato i manifestanti. Sì, il nemico è in casa. Ora...

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