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Milano, dopo 10 anni solo 50mila euro per il padre trucidato: la sentenza

Simona Pletto
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Suo padre gioielliere fu massacrato con 42 colpi di cacciavite, con una violenza tale da sfondargli il cranio in più punti. A distanza di dieci anni da quell’atroce delitto avvenuto nel suo negozio il 21 marzo 2013 nella centralissima via dell’Orso a Milano, è arrivata la decisione del giudice civile di Roma che assegna 50mila euro da dividere tra i familiari del gioielliere Giovanni Veronesi, all’epoca 73enne: il figlio Giorgio riceverà 25mila euro, altri 25mila andranno alla sorella, cifra che verrà attinta da un fondo statale in capo alla Presidenza del Consiglio, voluto per casi di inadempienza da parte dell’autore di un delitto.

Questo perché il rapinatore Ivan Gallo, nullatenente all’epoca come oggi, non potrà mai versare i 400mila euro che erano stati disposti come risarcimento. Un ripiego, dunque, quello dei 50mila euro, giudicato dai legali Claudio Deflippi e Gianna Sammicheli, «una cifra irrisoria» e contro la quale ricorreranno in appello. «Ci rivolgeremo alla Corte europea - anticipa Defilippi, del Foro di Milano- perché è incostituzionale dare un indennizzo uguale per tutti come fa lo Stato italiano. Ogni caso è diverso e dunque le vittime vanno risarcite in modo personalizzato. Il gioielliere Visconti guadagnava di certo molti soldi e 25mila euro a figlio è davvero una cifra troppo bassa».

 

 

 

L’AGGUATO

L’omicida del gioielliere, Ivan Gallo, era un tecnico, senza precedenti penali, che era stato da poco licenziato dall’azienda che si occupava anche dell’impianto di videosorveglianza della gioielleria di Veronesi, nel quartiere Brera. Aveva bisogno di soldi, conosceva la gioielleria e decise di rapinarla. Compiuto l’omicidio scappò in Spagna dove fu fermato dai carabinieri dopo una fuga durata cinque giorni. Per il giudice che lo condannò all’ergastolo in primo grado, «prima di essere catturato», l’uomo passò «le serate piacevolmente assumendo sostanze stupefacenti e dedicandosi ad attività ludiche, addirittura facendo progetti per il suo futuro». Gallo si era «mostrato totalmente insensibile all’orrendo omicidio commesso», dimostrando «assoluta indifferenza rispetto ai gravi delitti commessi». Il movente era la rapina «con il desiderio di racimolare il denaro necessario a recarsi in Spagna in visita alla figlia». Arrivato a Marbella, però, non si era dedicato solo alla figlia. Un suo amico che viveva lì, aveva riferito ad un comune amico che la sera in cui era arrivato era stato visto al porto «tutto fatto e mentre giocava a freccette con un altro tossicone».

«Certamente, non può dirsi che il delitto abbia costituito il tragico epilogo di una colluttazione», scrivevano ancora i giudici di primo grado per sottolineare la brutale violenza dell’imputato, «che risulta smentita dalle condizioni della vittima a opera di un soggetto collocato in posizione sovrastante». E sempre le motivazioni della sentenza: «Vanno poi evidenziate le lesioni da difesa (soltanto ecchimosi ed escoriazioni, a eccezione della lesione a un dito), anch'esse significative di una vera e propria aggressione in cui la vittima non è nemmeno riuscita a reagire". Così scriveva il giudice Barbara Bellerio nelle motivazioni della sentenza con cui Gallo venne condannato all’ergastolo, pena poi ridotta a 30 annidi carcere. Per la famiglia del gioielliere, la prima beffa oltre a quella recente del risarcimento considerato inadeguato se non offensivo.

TABELLE STATALI

Le cifre degli indennizzi statali sono fisse: 25mila per lesioni gravissime, 50mila per omicidio (il Governo Renzi ne prevedeva appena 8mila) o 60mila in favore dei figli per crimini domestici. «Io in alcuni casi sono riuscito a farmi dare anche 75mila euro, perché è il giudice che decide, spesso in modo diverso», confida l’avvocato Defilippi. «La nostra giurisprudenza è controversa, il legislatore deve prendere atto che le vittime vanno risarcite e non indennizzate, in modo personale. A partire dalle spese del funerale, fino al calcolo dell’apporto economico che la vittima dava alla famiglia. Noi siamo la nazione che come fondo statale riconosce gli indennizzi più bassi, siamo penultimi, dietro solo alla Grecia. In altri Paesi è fino a 10 volte più alta». 

 

 

 

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