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Mario Roggero? Al gioielliere evitiamo almeno la reclusione in carcere

Gianluigi Paragone
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Diciassette anni di carcere: la condanna al gioielliere di Asti, com’era prevedibile, ha spaccato l’opinione pubblica. L’altra sera mi sono ritrovato in televisione a parlarne e, vi confesso, che non è stato facile inquadrare il signor Mario Roggero come pluriomicida per quanto la condanna in primo grado parli chiaro e - purtroppo - anche la dinamica degli spari. Salvini sostiene che vorrebbe cambiare la legge: non credo che il parlamento possa licenziare una norma che prevederà mai di inseguire il più criminale dei ceffi e freddarlo alle spalle. Nemmeno le forze dell’ordine lo possono fare, figurarsi un privato cittadino. In questi casi si pensa sempre all’America che conferisce un antico diritto di poter sparare nel caso di violazioni all’interno della proprietà privata: «Se entri in casa mia devi sapere che non avrai vita facile». Nel caso del gioielliere non siamo nemmeno in questa ipotesi poiché la strada non è pertinenza del negozio.

LA GIUSTIZIA DELLO STATO
Certo, pensando a situazioni dove noi o i nostri cari sono in pericolo, vorremmo avere il diritto supremo di consumare la nostra giustizia e vendicarci dell’aggressione. Provate a pensare al caso in cui la fattispecie non fosse una rapina in casa o in negozio ma una violenza ai danni della propria figlia odi una persona cara: la reazione più scontata è: “ora lo ammazzo”. Ognuno avrebbe mille motivi per farsi giustizia. Ma lo Stato ne ha uno in più per non consentirlo. Il tema, però, è lì: lo Stato. Ma quale Stato? Che Stato è infatti quello dove un gioielliere arriva sull’orlo di una crisi di nervi perché non sembra essere degno di una protezione dopo aver subito furti e pestaggi? Che Stato è quello che non lo mette in protezione? È lo stesso Stato che ti inchioda al banco degli imputati con l’accusa di duplice omicidio perché lui non c’era prima; che ti condanna a 17 anni dopo che il pm ne aveva chiesti tre in meno e ti appioppa pure un notevole risarcimento del danno a favore dei criminali che ti avevano derubato e commesso violenza ai danni della figlia e della moglie. È in questo chiaroscuro di situazioni che lo Stato diventa “ingiusto” agli occhi di chi sotto sotto solidarizza con Roggero.

 

 

QUALE SOLUZIONE?
Ma per quanto si possa sperare in un appello più favorevole (il ribaltamento della sentenza appare improbabile), Roggero dovrà fare i conti con quella decisione oltre che coi suoi tormenti. A chi illude che si possano cambiare leggi e portarci in una frontiera dove onestamente non vorrei arrivare (ci manca pure una escalation di gente armata...) suggerirei di lavorare per rendere le città più sicure, le forze dell’ordine più pagate e più strutturate; suggerirei di non tagliere sulle caserme, sui presidi e sul personale; suggerirei di consentire di defiscalizzare totalmente le vigilanze private in uso. E infine, come nel caso del gioielliere, chiederei di lavorare affinché quella persona non vada in carcere ma abbia la sua detenzione tra i domiciliari e in altre strutture di rieducazione. Un solo giorno di carcere, per un incensurato per di più condannato per aver ucciso dei delinquenti, rischia di essere una condanna troppo pesante: il rischio di abusi e di “attenzioni” particolari sarebbe altissimo. Il dibattito sul ruolo delle carceri e sul valore delle pene dovrebbe tenere conto di situazioni del genere, soprattutto nei casi di custodia cautelare (ci sono incensurati schiaffati in carcere financo col 41 bis, non sorvegliati e poi giudicati innocenti...): come si fa a mettere nella stessa cella persone come Mario Roggero con criminali abitudinari? Pertanto se la classe politica vuole davvero aiutare il gioielliere di Asti condannato farebbe bene a non inventare situazioni che non può garantire e a impegnarsi su soluzioni opportune e doverose.

 

 

 

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