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Mario Roggero, Castelli contro il giudice: "Ho visto i video, volontà punitiva"

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A L'aria che tira, su La7, David Parenzo torna sul caso di Mario Roggero, il gioielliere di Grinzane Cavour condannato a 17 anni per duplice omicidio volontario. Il negoziante ha inseguito in strada due rapinatori che erano appena entrati nella sua attività, derubandolo, e ha sparato loro, uccidendoli. 

La dinamica, immortalato anche dagli sconvolgenti video delle telecamere di sicurezza piazzate fuori dalla gioielleria, escludono inequivocabilmente la legittima difesa. Tuttavia, sia la psicologa Maria Rita Parsi sia l'ex ministro leghista Roberto Castelli si soffermano su quanto la corte non sembra aver valutato appieno, cioè lo stato di alterazione di Roggero dovuto al mix di rabbia, paura, frustrazione, "sentimento di solitudine sociale" e di impotenza, sentimenti che lo hanno trasformato in pochi secondi da vittima a carnefice nel nome della "vendetta".

 

 

 

"A me quelle immagini - commenta Castelli, già ministro alla Giustizia nei governi Berlusconi II e III - danno l'impressione di un uomo totalmente fuori di sé, esasperato da una storia pregressa e alterato perché ha visto moglie e figlia minacciate da una pistola che lui non poteva sapere essere finta. Io rivendico la civiltà della mia legge: chiunque si trovi in casa propria è in una situazione alterata e pensa che il danno sia imminente".

 

"Per Roggero avrei applicato il massimo delle attenuanti". Guarda il video di Roberto Castelli a L'aria che tira

 

"Non è però questo il caso", lo interrompe Parenzo. "Se mi lasciate argomentare ci arrivo - protesta Castelli -. Questo è lo stato d'animo della persona, che merita tutta la solidarietà umana. Io da ministro dissi subito: tra Caino e Abele io sto con Abele, e in questa situazione il gioielliere è Abele". In studio Maria Teresa Meli del Corriere della Sera commenta con una battuta: "Abele fu ucciso, non uccise". "E vabbè, se mi avete invitato per ascoltarmi bene altrimenti ho anche altro da fare. Posso finire? - si scalda Castelli - Dal punto di visto tecnico non c'è il minimo dubbio che non si tratti di legittima difesa, perché il pericolo era cessato e i rapinatori stavano fuggendo". 

 

 

 

"Da giudice avrei applicato allora il massimo delle attenuanti, cosa che non è stata fatta - conclude il suo ragionamento Castelli -. Basta fare due conti: il minimo della pena per omicidio è 21 anni, con un terzo in meno di attenuanti arrivo a 12 anni, tanto è vero che il pm ne propone 14. Per un motivo totalmente sconosciuto il giudice ha avuto una volontà punitiva nei confronti del gioielliere. Questo è il punto: spesso si sta troppo dalla parte della vittima. Qualcuno prima ha citato il caso Izzo, il mostro del Circeo. Un gruppo di esimi magistrati e psicologi dice che si è redento, quindi lo lasciano libero. Appena uscito, ha ammazzato altre due donne. Questo è il tema culturale su cui bisogna culturale, una mentalità che sta sempre dalla parte dei carnefici".

 

 

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