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Olocausto, l'ignoranza culturale fa perdere la memoria storica

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Steno Sari
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Per chi ha una cultura biblica non dovrebbe essere difficile apprezzare il profondo valore della memoria. Nelle scritture veterotestamentarie è scritto: “Fate di tutto per non dimenticare i fatti che avete visto con i vostri occhi: finché vivrete non svaniscano dal vostro cuore! Li racconterete e ai figli dei vostri figli” (Deuteronomio 4,9, TILC). E allora come dimenticare il 27 gennaio 1945, data della liberazione del lager Auschwitz-Birkenau, assunta a simbolo della deportazione e dello sterminio sistematico degli ebrei perpetrato dalla Germania nazista tra il 1933 e il 1945? Gli ebrei furono le vittime principali, ma i nazisti cercarono di sterminare anche zingari rom e sinti, disabili, polacchi, omosessuali, dissidenti politici e Testimoni di Geova.

Questi ultimi, che nel Terzo Reich furono implacabilmente perseguitati, sono tra le “vittime dimenticate”, ignorati per decenni, nonostante che un considerevole numero di loro subisse spietata persecuzione e la morte. Certo, la memoria funziona un po’ come una pagina Wikipedia, possiamo accedervi per modificarla, ma possono farlo anche gli altri. E questo avviene con il negazionismo, con gli omissis, con il revisionismo storico che porta a relativizzare quanto è accaduto e sta accadendo. Purtroppo non ci ricordiamo dei nostri errori e tendiamo a ripeterli. Non meravigliamoci allora del ritorno in Europa degli sciovinismi, che ci riporta in situazioni tragiche già vissute. L’aveva predetto Primo Levi: «È avvenuto, quindi può accadere di nuovo».

 

«Negli ultimi vent’anni la Shoah è stata oggetto di attività commemorative in tutto il mondo occidentale», scrive la semiologa Valentina Pisanty, eppure «il razzismo e l’intolleranza sono aumentati in dismisura proprio nei paesi in cui le politiche della memoria sono state implementate con maggior vigore». La sua ipotesi è che «ultimamente anche il modello vittimario, incentrato sulla memoria dell’Olocausto (ma generalizzabile a una vasta gamma di altri eventi traumatici), stia mostrando i sintomi dell’invecchiamento... Non tanto per mancanza di persone che possono legittimamente considerarsi vittime, piuttosto perché nel nuovo disordine mondiale il ruolo dei carnefici è confusamente ripartito presso un numero imprecisato di attori notoriamente in lotta reciproca in uno scenario di tutti contro tutti...». (I guardiani della memoria, Bompiani, 2020). La perdita della memoria pare vada di pari passo con la crescita dell’ignoranza in senso culturale. È paradossale: con la rete dovremmo sapere tutto e non dovrebbe esserci nessun motivo di avere una Giornata della memoria. La memoria di certi orrori dovrebbe durare per tutta la nostra vita. Ogni giorno dovremmo fare memoria e ricordare,non solo un giorno all’anno. E dovremmo anche ricordare che Gesù di Nazareth percorse in lungo e in largo la martoriata terra dove oggi si paga un feroce tributo di sangue annunciando la soluzione dei problemi dell’umanità, la venuta del Regno di Dio.

 

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