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Trento, "ti faccio il mazzo"? Se lo dici al volante puoi essere condannato

Alessandro Dell'Orto
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Se siete automobilisti sempre incazzati - con il piede pesante sull’acceleratore e l’insulto facile, magari abbinato a un’accentuata gestualità forse è arrivato il momento di darvi una calmata. Per il vostro benessere, certo, ma soprattutto per non rischiare conseguenze a livello penale: a fregarvi possono essere i vaffa che lanciate, ma pure la salute di chi avete preso di mira. Sì, perché la storia che arriva dal tribunale di Trento non è horror come l’appassionante film Il giorno sbagliato con Russell Crowe (un serial killer prende di mira una mamma che gli ha suonato il clacson) e nemmeno introspettiva come la serie tv Lo scontro (da una discussione per questioni di precedenza le vite di due persone si intrecciano pericolosamente), però rischia di creare un pesante precedente.

MALORE E DENUNCIA
La vicenda è apparentemente comune - un litigio in auto, insulti, minacce -, ma il finale è insolito: agitata per il diverbio, una donna si è sentita male e “l’aggressore” è stato condannato a sei mesi di reclusione e al pagamento di 5mila euro per il reato di minacce aggravate (è stato assolto per le lesioni perché il fatto non costituisce reato, ma se si è arrivati al processo è per il malore). Il fattaccio risale al 27 febbraio del 2019, ora di punta (alle 9.30 di mattina), statale della val di Cembra in direzione Molina di Fiemme, provincia di Trento e, ovviamente, ha due versioni differente. Secondo l’accusa, una donna di 57 anni alla guida di un’auto avrebbe rallentato per far passare altri automezzi e l’autista della macchina alle sue spalle avrebbe perso la pazienza «gesticolando in modo insistente e arrabbiato», come riportato nella denuncia. A quel punto la signora, sentendosi pressata, avrebbe accostato per lasciare libera la strada e parcheggiato in una piazzola pensando fosse tutto finito. Ma non era così. Perché, sempre secondo la sua ricostruzione, l’autista - un rappresentante di commercio di 45 anni sempre più nervoso - si sarebbe fermato davanti a lei, sarebbe sceso dicendo «adesso ti faccio un culo così»> e avrebbe mostrato a gesti la propria rabbia inducendo la donna, terrorizzata, a chiudersi in auto e chiamare il 112 per chiedere aiuto, mentre lui «tirava calci e pugni al veicolo». Su suggerimento dei militari, poi, la 57enne avrebbe fotografato la targa dell’auto dell’aggressore e si sarebbe immediatamente diretta in caserma, inseguita dall’automobilista.

 

 

VERSIONI OPPOSTE La versione deposta dall’uomo in tribunale, invece, racconta i fatti in maniera diversa. Il rappresentante di commercio ha spiegato che avrebbe suonato il clacson e abbagliato perché la donna aveva rallentato, ma senza insistere. Mentre la sorpassava, avrebbe notato che «faceva dei gesti nervosi con le mani, incomprensibili, come per chiamarmi», e si sarebbe fermato al primo posto disponibile, aspettandola. Ma «una volta sceso e avvicinato all’utilitaria per capire la situazione», la donna, agitata, gli avrebbe scattato una fotografia e sarebbe ripartita. Così, consigliato da un avvocato, si sarebbe diretto dai carabinieri per raccontare l'accaduto, ma una volta là avrebbe trovato l'auto della donna.  Al di là delle due differenti spiegazioni, ciò che ha complicato la vicenda è quanto accaduto in caserma. La donna, dopo aver raccontato di essere stata inseguita e di essersi spaventata, si è sentita male ed è stata portata al pronto soccorso di Cavalese - per poi essere trasferita al S.Chiara - dove le hanno riscontrato la "Sindrome di Takotsubo" (una cardiopatia rara, caratterizzata da insufficienza cardiaca acuta scatenata da uno stress emotivo o fisico) e l'hanno ricoverata con una prognosi di 30 giorni (14 dei quali in terapia intensiva). Da qui la denuncia e ora, a distanza di cinque anni, il processo di primo grado, la condanna a sei mesi di reclusione e al pagamento di 5mila euro (la Procura aveva chiesto 3 mesi, mentre la parte civile aveva chiesto 120 mila euro di risarcimento) e una lezione a tutti gli automobilisti incazzati: meglio mollare l'acceleratore e dare un freno alla rabbia.
 

 

 

 

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