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Careggi, così cambiano sesso ai bimbi: ecco tutte le accuse

Claudia Osmetti
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Al di là del balletto politico, la relazione degli ispettori sul Careggi di Firenze in tema di disforia di genere parla da sola. Sono sei paginette, scritte fitte, piene di termini tecnici, con rimandi a leggi e delibere e note, infarcite di sigle comprensibili giusto agli addetti ai lavori: ma il succo sta tutto lì e il succo è che di «criticità», all’ospedale fiorentino, ne sono state rilevate parecchie. Tre macroscopiche (sul supporto psichiatrico necessario per avviare il trattamento con la triptorelina, cioè col farmaco che blocca lo sviluppo degli organi sessuali; sul monitoraggio dei dati clinici e sul ruolo del neuropsichiatra infantile) che si suddividono in circa venticinque punti (ognuno dei quali viene segnalato a sè) e undici «azioni di miglioramento» suggerite, nel senso che «si invita la Regione Toscana a porre in essere» le correzioni «entro 30 giorni dal ricevimento della presente» ed «entro 90 giorni sullo stato di avanzamento o l’eventuale completamento».

Nero su bianco, non ci sono scuse. O meglio, una, di “scusa”, a ben vedere c’è: una possibile confusione generata dall’«interpretazione dei criteri di inclusione della determina Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco, ndr) relativa all’impiego della triptorelina»: il testo parla di «diagnosi confermata da una equipe multidisciplinare e specialistica in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva», ma altrove viene citatala «mancata efficacia dell’assistenza psicologica, psicoterapeutica o psichiatrica». Una congiunzione che cambia: una “o” disgiuntiva per una “e” inclusiva. Un po’ come a scuola quando la prof di italiano prendeva la matita blu: non c’è dubbio, tuttavia, e lo ricorda una nota, ancora dell’Aifa, del 29 gennaio scorso, che l’«obbligo valga per tutte e tre le tipologie di assistenza» e al Careggi questo non è sempre avvenuto. «Alcuni casi trattati con triptorelina sarebbero stati oggetto soltanto di trattamento psicologico e psicoterapeutico», non psichiatrico.

 

 

Lo sapevamo. Era la richiesta di chiarimenti sollevata dal senatore azzurro Maurizio Gasparri, quel sospetto, nato a inizio 2024, che qualcosa non sia andato come effettivamente doveva, aggravato dal fatto che nel mezzo ci siano ragazzini di dieci, undici anni. E anche l’età conta, conta perla relazione del ministero: «Per quanto riguarda i monitoraggi clinici richiesti», continua la relazione che Libero ha potuto leggere, «è stato rilevato che l’unità operativa ha inviato i dati relativi a tutti gli 85 pazienti trattati con triptorelina su base trimestrale» ma «nell’ambito di un file cumulativo», quindi senza un’adeguata individualizzazione delle specifiche dei soggetti.

«Questo pone molte difficoltà nell’interpretazione dei dati stessi essendo le popolazioni molto diverse per età, stato puberale e associazione con la terapia ormonale». Ci sono stati problemi anche sulla comunicazione delle spese: dal gennaio 2019 al dicembre 2023 la Regione Toscana ha dispensato 325 confezioni di triptorelina per circa 25mila euro, ma con un’«inadempienza relativa alla trasmissione ad Aifa dei dati di spesa per i farmaci rimborsati». Su questo punto, va detto, la Toscana si impegna a riattivare da subito la trasmissione trimestrale dei dati. Inveve (e ancora). Rilevano, gli ispettori ministeriali sia un «mancato coinvolgimento diretto nella valutazione del paziente del npi (che sta per neuropsichiatra infantile, ndr) dell’equipe multidisciplinare che si limita a esaminare la documentazione redatta da colleghi che hanno visitato anche presso altre Asl o talora in ambito privato», sia una «possibile evenienza, pur se rara, di avvio al trattamento con triptorelina di pazienti che durante il percorso non siamo mai stati visitati da un npi».

 

 

«Il numero di colloqui effettuati nel periodo di presa in carico sembra esiguo a fronte del percorso proposto», nonché «i tempi eccessivamente dilatati tra una visita psicologica e l’altra non consentono di identificare un percorso psicoterapeutico, ma solo di supporto: tale circostanza causa la mancanza di una condizione fondamentale per una corretta presa in carico di un paziente che potrebbe avviare alla transizione di genere». Critiche, poi, all’«unico clinico prevalente coinvolto negli aspetti di accertamento psicologico che in tutte le fasi conosce minori e adulti»: una scelta, tra l’altro, che «può dare adito a una ulteriore difficoltà nella definizione diagnostica, per le inevitabili ricadute nella gestione dello spazio di consulenza». Ottantacinque cartelle cliniche in tutto, un caso scoppiato da una settimana (ma su cui si chiacchiera da mesi) e uno specchietto di «azioni di miglioramento» che vanno da una più opportuna calendarizzazione delle tappe da seguire a un potenziamento del personale dedicato («con riferimento alla figura dello psicologo/psicoterapeuta»), passando per l’ovvia necessità di «prevedetele che tutti i casi, senza eccezione, vengano visitati dal npi».

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