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Cacicco, così l'ispanismo diventa un termine spregiativo: le origini della parola

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Massimo Arcangeli
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Cacicco, un ispanismo di origine aruaca, prima di applicarsi spregiativamente a un notabile politico locale, indicò a partire dal primo Cinquecento, durante la colonizzazione spagnola nell’America centrale (caraibica) e meridionale, il capo di una tribù. È passato quasi mezzo secolo da quando Salvatore Sechi, sul «Corriere della Sera» (23 ottobre 1979), parlò del «potere dei cacicchi» Ora i cacicchi, rinfacciati a Schlein e a Salvini per le inchieste delle Procure di Bari e di Catania su vari episodi di corruzione e di voti di scambio (che avrebbero visto coinvolti esponenti locali del Partito Democratico e della Lega), sono riaffiorati. 

Nel primo caso a farli ricicciare è stato Giuseppe Conte, ad Accordi e Disaccordi (6 aprile), proprio contro Elly Schlein, che aveva tuonato a suo tempo contro i ras del suo partito. Il 12 marzo 2023, parlando all’assemblea nazionale del Pd presso il centro congressi romano “La Nuvola”, la neoeletta segretaria dem si era infatti espressa in questi termini: «Non neghiamocelo. Anche dentro di noi abbiamo dei mali da estirpare. Anche dentro di noi non vogliamo più vedere stranezze o cose regolari (sic) sui tesseramenti. Non vogliamo più vedere capibastone e cacicchi vari» (12 marzo 2023). 

Già prima delle primarie del 26 febbraio Francesco Boccia, senatore del Pd, aveva detto «intollerabili», riferendosi ad alcune vicende che avevano riguardato il partito in Campania, i «comportamenti da piccoli sultani o cacicchi» dei notabili che si erano sentiti «i padroni di alcuni territori» (16 febbraio). Sulla rappresentanza politica costituita da «quelli che nella tradizione messicana si chiamerebbero i cacique», la «nuova anomalia» del caciquismo», si era invece espresso nel dicembre del 1997 Massimo D’Alema, rientrato dal Messico, sul partito dei sindaci su cui erano puntati, quei giorni, i riflettori dei media. Quanto all’abbinamento di cacicco a capobastone, sarebbe poi stato fatto proprio da Marco Follini, il 20 maggio 2005, nell’esprimere la necessità di contare, parlando a nome dell’UdC, il partito di cui era allora segretario, su «dirigenti militanti» anziché su cacicchi e capibastone.

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