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Bologna, sì al referendum sulla città a 30 all'ora

Simona Pletto
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«Cittadini bolognesi, che cosa ne pensate della città a 30 all’ora?». Eccolo qui, il referendum voluto e ottenuto dai partiti del centrodestra felsineo e che ora potrebbe mettere in discussione la contestata decisione di imporre il “passo della tartaruga” alle automobili sulle strade del centro, ma anche su quelle periferiche a veloce scorrimento. Un’iniziativa, quella che è andata in porto nel capoluogo emiliano guidato dalla giunta Pd di Matteo Lepore, che potrebbe essere d’esempio anche nelle altre città italiane, sempre a guida centro sinistra, che hanno copiato per l’appunto l’iniziativa dei 30 all’ora.

Una consultazione che, di fatto, mette a confronto due concezioni diverse di intendere la città Dunque, dopo mesi di polemiche tra il sindaco Lepore, cha ha voluto fortemente la misura introdotta lo scorso 16 gennaio, e il ministro Matteo Salvini, che ha criticato aspramente l’iniziativa, la parola dovrebbe passare ai cittadini. Il condizionale resta d’obbligo, perché per questo referendum, che ha carattere consultivo e non è vincolante per il Comune - ma che ha comunque un forte significato politico –, servono 9mila firme autentificate, da raccogliere in un lasso di tempo di tre mesi. Con le elezioni europee di mezzo e una città di quasi 400mila abitanti come Bologna che ad agosto di fatto si svuota, la raccolta-firme in questione è già considerata dagli esponenti di centrodestra all'opposizione a Palazzo D'Accursio una missione quasi impossibile. 

 

 

 

POCO TEMPO

«Hanno aspettato cinque mesi per dichiarare ammissibile il quesito», commentano il senatore di Fratelli d’Italia Marco Lisei e il capogruppo sempre di FdI in Consiglio comunale, Stefano Cadavegna, candidato anche alle Europee. «Ed eravamo certi che avrebbero dato il via libera, perché era stato posto con tutte le carte in regola. Ora però, conoscendo le precedenti basse percentuali di partecipazione dei bolognesi ai referendum, e calcolando il mese di agosto, temiamo che novanta giorni per raccogliere 9mila firme siano davvero troppo pochi. Se ci avessero risposto subito, a gennaio o a febbraio, avremmo avuto maggiori possibilità. Per questo abbiamo chiesto di spostare la raccolta firme dopo il mese di agosto».

Il Comitato dei garanti, a questo proposito, ha già chiarito di non avere la competenza per approvare la richiesta del comitato promotore di sospendere nei mesi estivi la conta dei 90 giorni per la raccolta delle firme. Tanto che sabato scorso, tra le opposizioni (il comitato è guidato da Fratelli d’Italia insieme a Forza Italia e Lega e altre associazioni), si è discusso della possibilità di un’istanza urgente per il differimento dei termini. «Sembra quasi che il Comune stia boicottando il referendum e, di conseguenza, la possibilità dei cittadini di esprimersi sul tema», continuano Lisei e Cavedagna. «Il Comune ha paura del pensiero dei bolognesi?Perché questa sembra una vera e propria lesione al diritto di partecipazione».

E conclude Lisei: «Nel frattempo però, visto che hanno capito che non possono fare multe a raffica con il contestato il limite dei 30 all’ora e quindi non inviano più pattuglie di polizia su quelle strade, il Comune di Bologna si sta già preparando a posizionare diversi autovelox per fare incetta di sanzioni con minor rischio di ricorsi. Questo dimostra la natura strettamente economica di queste iniziative». Tornando ai 30 all’ora, i tempi restano stretti e – come detto - il referendum rischia di saltare. La giunta Lepore pare non aver troppa voglia di dilatare i tempi. In questo senso, pare quasi che per il Pd dare la parola al cittadino e ricorrere proprio al referendum sia sacrosanto soltanto quando si tratta di temi a lui cari l’ultimo è quello del salario minimo, ma di esempi ce ne sono tanti - ma diventa una questione secondaria se l’argomento non è gradito.

 

 

 

MISURA INCONSISTENTE

«Noi pensiamo che questa consultazione referendaria- spiega Nicola Stanzani, capogruppo di Forza Italia, - sia una bella espressione democratica e popolare, e una buona occasione anche per chi non si dimostra avvezzo al dialogo con la città e con chi la vive». E aggiunge il consigliere forzista bolognese: «Un risultato, d’altronde, è già sotto gli occhi di tutti: girando per Bologna è del tutto evidente la totale inconsistenza della misura “Città 30”, a dimostrazione, ancora una volta, della particolare attitudine di questa maggioranza verso le operazioni propagandistiche senza alcuna efficacia. Peccato solo che si sia scelto, forse non proprio casualmente, di far raccogliere le firme nei primi tre mesi estivi». La sfida, comunque, è aperta. E, qualora fosse vinta, potrebbe rappresentare il primo tassello che inneschi un effetto domino in grado di estendersi anche ad altre città.

 

 

 

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