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Bolzano, classe "speciale" per migranti e italiani che non parlano tedesco

Antonio Castro
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Classi diverse per i figli dei migranti nella scuola elementare Goethe nel centro di Bolzano. E c’è già chi la chiama “classe speciale”, mentre per altri si tratta proprio di “classe ghetto”. L’introduzione, per la prima volta, di una prima classe formata solo da bambini con background migratorio per il momento è soltanto un annuncio ma rischia di trasformarsi in un putiferio di polemiche politiche nazionali.

«In una classe in cui tutti gli alunni partono da zero e in cui nessuno parla tedesco», ha scandito la preside Christina Holzer al quotidiano di lingua tedesca Dolomiten, precisando che «nessun parla infatti tedesco» dobbiamo «garantire l’insegnamento ma non devo neanche perdere di vista i bambini di madrelingua tedesca». Il problema, lamenta la direttrice della scuola è che oggi l’accesso ai «corsi di tedesco sono previsti solo per i migranti e non per i bambini italiani, che spesso non sanno la lingua». La preside precisa che non si tratta soltanto di un problema di figli di migranti. E infatti precisa che molti bambini con backround migratorio sono cittadini italiani: «Di 500 alunni solo 47 hanno una cittadinanza straniera, ma il 40% ha difficoltà linguistiche».

 

 

 

Insomma, in circa 200 alunni « non hanno le basi per affrontare un corso di studio Per questo motivo una delle tre prime quest’anno sarà formata da bambini che non parlano tedesco. «Forse i bambini saranno più motivati perché tutti partono da zero», prosegue la dirigente scolastica. C’è da dire che imparare il tedesco non è solo una questione appartenenza al territorio in cui si vive. È vero che in Alto Adige vige il principio dell’insegnamento nella madrelingua. E infatti ci sono infatti scuole tedesche, italiane e in val Gardena e val Badia anche ladine. Ma ultimamente sempre più famiglie italiane mandano i loro figli proprio nelle scuole tedesche, nella speranza che apprendano meglio il tedesco, requisito indispensabile per ricevere poi il “patentino” per lavorare nel pubblico impiego.

La decisione della classi differenziate incassa subito l’approvazione e il sostegno del presidente della Südtiroler Volkspartei (Svp) Dieter Steger perché «è l’unica che non è a svantaggio dei bambini tedeschi». E già da tempo per questi motivi, ricostruisce il segretario della Volkspartei, in alcuni Comuni con una forte presenza di migranti «i genitori mandano i figli nei paesi limitrofi oppure in scuole private». Con una nota anche il Freiheitlichen (partito politico indipendentista della provincia autonoma) e partner di coalizione dalla Svp in Provincia, plaude all’iniziativa: «L’Alto Adige non si può permettere altri anni di vuote promesse e annunci irrealizzabili».

Ma nella provincia autonoma non tutti sono della stessa idea. Marco Galateo di Fratelli d’Italia e vice presidente della Provincia di Bolzano si interroga su cosa «cosa sarebbe successo se una proposta simile fosse venuta da me o dal mio partito. Siamo di fronte a una decisione che desta profonde preoccupazioni. Secondo Galateo «questa iniziativa appare in aperto contrasto con il dettato costituzionale, che garantisce il diritto all’istruzione e promuove l’inclusione e anche dal programma di governo provinciale».

Secondo l’esponente locale di FdI «il valore fondamentale della scuola italiana è l’inclusione, la convivenza e il rispetto reciproco tra tutti i bambini, indipendentemente dalla loro origine linguistica o culturale. Separare gli alunni in base al grado di conoscenza della lingua» rischia «di creare discriminazioni e disuguaglianze inaccettabili». Che per il momento si astiene da altri giudizi e mette le mani avanti: «Vedremo come va a finire e in caso potremmo valutare progetti analoghi», taglia corto.

Inevitabili le reazioni di altri personaggi del mondo politico altoatesino, come l’assessore provinciale Christian Bianchi (Lega): «Non è ammissibile che una scuola adotti una soluzione così drastica senza la minima condivisione». Perché «rischio è che questo progetto venga preso da pericoloso esempio, in quanto non sono state effettuate riflessioni condivise tra le intendenze scolastiche». Ma andranno trovate «soluzioni alternative» per una «compartecipazione di entrambi i gruppi linguistici» ed «evitare che la scuola italiana venga considerata di serie B». Qui bisogna affrontare «le criticità per risolverle, anziché aggravandole con la creazione di classi ghetto», dice Sara Ferrari, deputata del Pd del Trentino Alto Adige. Le fa eco Irene Manzi, capogruppo in commissione istruzione Camera e responsabile nazionale scuola del Pd che preme per che promuovono una società basata sulla divisione di classe e di provenienza.

 

 

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