Il Papa e il seminatore del cristiano Van Gogh

Non deve sorprendere che il Pontefice abbia citato il geniale pittore olandese e il suo evocativo Il seminatore al tramonto
di Tommaso Lorenzinigiovedì 22 maggio 2025
Il Papa e il seminatore del cristiano Van Gogh
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Che Vincent Van Gogh si sia sparato da solo, al culmine della definitiva crisi esistenziale, o sia stato ferito mortalmente all’addome da qualcun altro (magari il 16enne René Secrétan, con il quale aveva avuto un diverbio ad Auvers-sur-Oise, pochi giorni prima di quel 27 luglio 1890, come sostenuto da alcuni studiosi americani), la Chiesa fin da subito ha accettato la tesi del suicidio tanto che Henri Tessier, il prete cattolico di Auvers, rifiutò di celebrare il funerale nella sua parrocchia, in linea con i dettami dell’epoca. Eppure, non deve sorprendere che Papa Leone XIV, nell’udienza generale di ieri, abbia citato il geniale pittore olandese e il suo evocativo Il seminatore al tramonto (1888): «Quell’immagine del seminatore sotto il sole cocenteha commentato il Pontefice - mi parla anche della fatica del contadino. E mi colpisce che, alle spalle del seminatore, Van Gogh ha rappresentato il grano già maturo. Mi sembra proprio un’immagine di speranza: in un modo o nell’altro, il seme ha portato frutto. Non sappiamo bene come, ma è così. Al centro della scena, però, non c’è il seminatore, che stadi lato, ma tutto il dipinto è dominato dall’immagine del sole, forse per ricordarci che è Dio a muovere la storia, anche se talvolta ci sembra assente o distante. È il sole che scalda le zolle della terra e fa maturare il seme».

Del resto, la parabola di Van Gogh è intimamente legata a una religiosità complessa, un cristianesimo vissuto con tormento e allo stesso tempo partecipazione emotiva. Vincent è figlio del reverendo Theodorus (pastore legato alla scuola di Groninga), tra il 1878 e il 1880 trascorre un periodo di attività come missionario evangelista nella regione belga del Borinage: assiste i minatori e le loro famiglie, studia e predica le letture della Bibbia, legge l’Imitazione di Cristo, allora attribuita a Tommaso Da Kempis, e Il viaggio del pellegrino del teologo e predicatore inglese John Bunyan. Eppure a portarlo artisticamente altrove non è stato certamente un demo ne, tantomento quello dell’arte.

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Se infatti gli unici veri dipinti religiosi da lui eseguiti siano stati soltanto “copie”, interpretazione di opere di altri artisti come L’angelo di Rembrandt o La Pietà di Delacroix (conservato proprio nei Musei Vaticani), nella sua sterminata produzione vibra comunque una duratura vocazione, che alla fine, più che fallita, è stata traslata su tela attraverso l’unicità di colori intensi e pennellate vorticose quanto i moti del suo animo. «Guai a me se non prego il Vangelo», scriveva Vincent all’amato fratello Theo in una delle tante missive. Ed ecco perciò che proprio Il seminatore diventa parabola, il modo in cui Van Gogh traduce la sua fede e anche il pensiero del filosofo scozzese Thomas Carlyle che tanto lo ha influenzato da ridefinirne la resa del linguaggio simbolico: è in quel quadro che emerge la vera vocazione dell’uomo, chiamato all’«opera apostolica». Svariate sono infatti le versioni di questo soggetto riprodotto dapprima con i colori scuri, densi e introspettivi dell’inchiostro e poi fatto “esplodere” tramite le tinte sgargianti e coinvolgenti dell’olio su tela. Una sorta di evoluzione, un percorso, una ricerca creativa vissuta di pari passo alla ricerca religiosa, portata avanti fino alla fine.

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