L’indiscrezione era trapelata nei giorni scorsi ed è bene rimarcare che non si tratta di dichiarazioni ufficiali degli inquirenti, ma di una di quelle “voci” che spesso, come si dice, “filtrano”, quindi non si sa quanto credibili. E dunque, si diceva che, tra le diverse “amnesie” che avrebbero caratterizzato le primissime indagini sull’omicidio di Garlasco quelle che poi hanno portato all’incriminazione e, dopo ben due assoluzioni, alla controversa condanna di Alberto Stasi -, ci sarebbe stato anche il mancato sequestro di una borsetta appartenuta alla povera Chiara Poggi, la ragazza 26enne trucidata nella villetta di famiglia il 13 agosto 2007. Un oggetto che avrebbe potuto “raccontare” qualcosa di utile su quello che accadde quella maledetta mattina.
In effetti, l’esistenza dell’accessorio, di marca “Pinko Bag”, sarebbe acclarata dalle fotografie scattate dai carabinieri il giorno del delitto, che la mostrano sulla sedia della cameretta della vittima. E parrebbe anche che la borsa fosse stata usata dalla vittima nei giorni antecedenti l’omicidio, poiché nella foto in questione si vede anche lo scontrino contenuto, che era quello relativo all’acquisto della pizza la sera del 12 agosto mangiata dalla vittima assieme proprio ad Alberto Stasi. E chissà quali altre tracce conteneva, così si sussurrava. Ipotizzando anche che fosse stata fatta sparire, insomma trafugata. E invece pare tutta una bufala, questa della borsa di Chiara sparita. Intervistati da Tgcom24, gli stessi genitori di Chiara hanno voluto smentire le voci, anche mostrando la borsa in questione. «Non è mai sparita nel nulla, ce l’abbiamo noi», hanno dichiarato pubblicamente. «Ci è stata restituita dai carabinieri qualche giorno dopo il 13 agosto, giorno in cui nostra figlia fu uccisa». Poi aggiungendo: «È vero che abbiamo subito un furto in casa qualche giorno dopo la restituzione della “Pinko Bag”, ma la borsa non ci è mai stata sottratta. Lo vogliamo chiarire subito, per evitare speculazioni su una notizia non vera». Si dice però che la borsa fotografata sul luogo del delitto non sarebbe nera con la scritta bianca, come quella mostrata, ma al contrario bianca con la scritta nera. Insomma, una questione ancora da chiarire.
Garlasco, il mistero della chiamata di Stefania Cappa: cosa non torna
Quattro telefonate anonime sono arrivate al telefono di Chiara Poggi il 13 agosto 2007, il giorno in cui è stata ...Certo è che i signori Poggi - papà Giuseppe e mamma Rita - sono apparsi davvero stanchi. Non dev’essere facile, per loro, affrontare un’altra inchiesta che, inevitabilmente, riporta alla mente l’incommensurabile dolore dell’omicidio della figlia. E devono pure subire gli insulti degli imbecilli da tastiera che li criticano, a volte addirittura li insultano, perché si sono mostrati più volte perplessi di fronte a un’indagine che, fino a ora, non ha prodotto alcuna prova degna di questo nome. Peraltro, la famiglia Poggi è intervenuta anche sulla questione del Santuario delle Bozzole, che si trova vicino al luogo del delitto e, negli ultimi tempi, è diventato il centro delle speculazioni mediatiche sul delitto. Negli anni il luogo è stato al centro di una serie di scandali - festini a luci rosse, voci di pedofilia e satanismo - e pare che la stessa Chiara avesse fatto, prima della morte, delle ricerche su Internet relative proprio al santuario - magari semplice curiosità di una ragazza del posto. In ogni caso, gli inquirenti hanno deciso di acquisire gli atti del 2014 relativi ai ricatti a sfondo sessuale rivolti a Don Gregorio Vitali, oggi tornato laico. E comunque, i coniugi Poggi - in particolare Rita - hanno precisato che «Chiara non andava al santuario delle Bozzole, non ha mai frequentato quel posto, neanche da piccola. Ci andava solo il lunedì di Pasqua, come tante altre persone a Garlasco. Il processo sulle Bozzole si è tenuto 7 anni dopo il delitto e poco c'entra con Chiara».