L'America riscoperta dagli avanguardisti italiani

Una mostra a Cortina ripercorre l’opera degli artisti partiti dall’Italia e protagonisti con Warhol e Basquiat della rinascita dell’East Village
di Daniele Priorilunedì 28 luglio 2025
L'America riscoperta dagli avanguardisti italiani
3' di lettura

L'arte come spazio senza confini. L’oceano come tramite naturale tra due mondi resi dialoganti grazie alla Transavanguardia italiana che già nel nome contiene un prefisso che parla di passaggio e unione tra poli. Siamo negli anni Ottanta, il palcoscenico metropolitano è New York, precisamente l’East Village, teatro di una modernità artistica fatta di trasgressioni nei night club, eccessi di ogni tipo ma, in tutto ciò, anche un tripudio d’arte che, tiene insieme il già celebre Andy Warhol, una intera generazione di artisti, per lo più italiani, che nel pieno degli scalpitanti anni Ottanta, diventano ricercatissimi e rispondono ai nomi di: Sandro Chia, Francesco Clemente, Nicola De Maria, Keith Haring, Carlo Maria Mariani, Luigi Ontani, Mimmo Paladino, Julian Schnabel, Toxic. Questo e molto altro è New York, New York. Back to the 80’s mostra proposta da Farsettiarte a Cortina d’Ampezzo dal 2 agosto al 14 settembre 2025 che il cronista di Libero ha visitato in anteprima accompagnato proprio da Sonia Farsetti, organizzatrice dell’esposizione che ci tiene a spiegare anzitutto i punti di connessione tra la New York di quarant’anni fa e la Cortina del 2025.

«L’East Village newyorkese con i suoi night club, frequentati anche da cantanti e tycoon dell’economia, dove si passavano serate al limite tra l’immaginario underground e la trasgressione, tra cui The Dome, il Palladium e lo Studio 54, è stato il luogo d’elezione per una generazione di artisti. Da zona malfamata l’East Village si riqualifica in quartiere di pittori, poeti e scrittori, monitorato anche dagli speculatori immobiliari di Wall Street. Gli artisti si ritrovarono così a fraternizzare nei ristoranti, nelle gallerie e nelle vie dove spesso venivano organizzati talk show improvvisati con protagonisti Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat e Julian Schnabel. A questi nomi internazionali si affiancò poi anche un gruppo di italiani, esponenti della Transavanguardia,lanciati da Achille Bonito Oliva sulla rivista Flash Art. Si trattava di artisti che dall’inizio degli anni Ottanta esponevano nei più grandi musei newyorkesi come il Met o il MoMa e che i maggiori galleristi come Leo Castelli, Mary Boone o Sperone Westwater anelavano di esporre. Ci è sembrato, perciò significativo portare questa mostra a Cortina, in quanto si tratta di una località che è da sempre crocevia di personaggi e artisti L’ provenienti da tutto il mondo, capaci di apprezzare appieno il melting pot che si viene a così a creare».

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Non c’è da meravigliarsi, dunque, se tra le opere che sarà possibile ammirare una a fianco all’altra compaiono: un ritratto trasfigurato di Marcel Proust firmato nel 1974 da Andy Warhol, l’olio su tela intitolato I protagonisti dipinto da Sandro Chia nel 1979, l’autoritratto “affumicato” e senza titolo del napoletano Francesco Clemente datato 1980, divenuto uno degli artisti più ricercati dopo esser stato chiamato a New York a decorare una delle sale della mitica discoteca Studio 54, protagonista di una autentica scalata al successo che vide il pittore partenopeo essere il primo, nel 1985, a tenere una mostra diffusa in tre sedi contemporaneamente, eguagliando in tal modo proprio Sandro Chia, che aveva ottenuto già un grandissimo successo esponendo nel 1983 al Guggenheim Museum e l’anno successivo al Metropolitan Museum of Modern Art.

La Transavanguardia italiana divenne così una sorta di ambasciatrice dell’Italia a New York, aiutando a promuovere il made in Italy nel mondo, includendo anche altri settori, tra cui la moda e il food. Nei primi anni Ottanta, così, tutte le gallerie volevano esporre Cucchi, Clemente, Chia e Paladino. L’anno d’oro dell’East Village, però, fu il 1982, quando il quartiere newyorchese divenne ufficialmente la casa e il simbolo di una nuova stagione per la creatività al punto che le sue gallerie iniziarono ad aprire straordinariamente anche il sabato e la domenica. Punto di riferimento primario era proprio la Leo Castelli Gallery. Appartiene, infatti, a Castelli il primato di aver introdotto sul mercato gli artisti della cultura pop e averli proposti a illuminati collezionisti fino ad averli istituzionalizzati nelle collezioni dei più grandi musei come il Moma.

«Con questa mostra- ha concluso Sonia Farsetti - ci proponiamo di esplorare l’arte a cavallo degli anni Ottanta, un decennio in cui essere artista in Italia poteva significare pranzare a Napoli con Warhol, conversare con Basquiat a Modena e trasferirsi con estrema semplicità da una città di provincia alla cosmopolita New York, per diventare protagonisti della scena artistica internazionale» tanto da lasciarci, a fine mostra, con la convinzione sempre più ferma che, almeno nell’arte i confini geografici esistono davvero solo nelle nostre teste e non in quelle degli artisti.

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