Simulazioni e ipotesi, tante. Errori, a volontà. Ma di analisi scientifiche, zero. Anzi, la tesi di Cicero Moraes, designer brasiliano, che pretende di dimostrare che la Sacra Sindone è un falso, a sua volta non funziona dal punto di vista metodologico. Ha fatto il giro dei siti web, ma anche delle testate giornalistiche e delle agenzie di stampa di tutto il mondo, il risultato della ricerca, secondo la quale quello che i cristiani ritengono essere il sudario nel quale fu avvolto il cadavere di Gesù Cristo, in realtà fu costruito su una statua e non impresso dalla salma di un uomo. Peccato che l’articolo - comparso qualche giorno fa sulla rivista Archaeometry, ma annunciato già alla fine del 2024 - sia stato giudicato inconsistente dai massimi esperti di sindonologia. È un approccio multidisciplinare, con cui storici, numismatici, chimici, biologi, cristallografi, criminologi e scienziati di ogni genere cercano di scoprire i segreti di quel telo.
Riuniti al congresso internazionale che si è chiuso ieri a St. Louis in Missouri, si sono trovati tutti d’accordo sulla scarsa dimestichezza con la materia dell’improvvisato cacciatore di bufale. I suoi sbagli più marchiani li elenca uno dei più noti ricercatori italiani, Alessandro Piana, in un intervento sul sito dell’Uccr (Unione Cristiani Cattolici Razionali), spiegando il metodo utilizzato dall’autore della presunta sensazionale scoperta: 1) ha usato un software gratuito per simulare digitalmente in 3D la dinamica del tessuto e la mappatura dell’area di contatto; 2) ha quindi confrontato due scenari: la proiezione di un modello umano tridimensionale e quella di un modello a bassorilievo. Secondo le conclusioni, il pattern di contatto generato dal modello a bassorilievo è più compatibile con l’immagine sindonica, mostrando una minore distorsione anatomica e una maggiore fedeltà ai contorni osservati.
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"Grazie al Giubileo dei Giovani, Roma ha vissuto giornate straordinarie, impregnate di fede, gioia e speranza. Rico...Magari, per non esser ridicolizzato, Moraes avrebbe potuto controllare meglio i dati di partenza e le affermazioni che ne ha ricavato, visto che ha utilizzato un «modello basato su un tessuto di cotone generico», quando invece è noto da sempre che la Sindone è di lino. Si vede che non aveva letto, pur avendone avuto notizia, la pubblicazione firmata da Liberato De Caro, dell’Istituto di Cristallografia del Cnr, e da altri, che avevano confrontato il deterioramento della cellulosa di lino presente nel “lenzuolo”, con quello che si era verificato con altri teli rinvenuti in Israele e risalenti al I secolo d. C., trovando una piena compatibilità. Senza considerare che la trama del tessuto è uguale identica a quella che usciva dai telai nel periodo corrispondente alla narrazione evangelica. E invece chissà quando, dove e come è stato fabbricato il cotone scelto per la prova brasiliana.
Non finisce qui. L’analisi è stata condotta creando un modello 3D «con le caratteristiche di un essere umano, maschile e alto 1,80 m», ma sulla base di un «aggiustamento» di fotografie scattate nel 1931 da Giuseppe Enrie e non su quelle più recenti di Gian Carlo Durante, risalenti al 2002 e ovviamente più precise e fedeli, gli contesta Piana, che ha inviato le proprie osservazioni direttamente ad Archaeometry, chiedendo una rettifica sul contenuto dell’articolo.
Proseguendo nell’elenco delle scorrettezze, «la cosa più strana e più assurda» è che l’autore commette un errore grossolano nella creazione del modello, «sovrapponendo il piede destro al sinistro e la mano destra sulla sinistra, mentre nella realtà il corpo si trova esattamente all’opposto». In pratica, è stato preso il negativo di un’immagine e lo si è arbitrariamente rovesciato. Così, appare piuttosto curiosa anche la scelta - anzi appare come un’omissione bella e buona - di eseguire le simulazioni «solo per la parte frontale e non per quella dorsale». Il motivo resta ignoto.
Va da sé che se tutte le procedure seguite seguono la medesima linea di rigore, mancano alcuni elementi importanti per risalire alle origini del manufatto. Innanzitutto sono assenti dal modello brasiliano le tracce di sangue trovate sulla Sindone, che hanno impedito la formazione dell’immagine al di sotto di esse. Un altro elemento irrisolto, osserva ancora Alessandro Piana, è che questo ipotetico falsario avrebbe dovuto trovare aloe, mirra e perfino i pollini di alcune piante che crescono solamente in alcune parti del mondo, come per esempio lo Zygophillum dumosum che cresce solo nella zona della penisola del Sinai e della Terrasanta. Non è un dettaglio, perché «lo spettro pollinico effettuato sulla Sindone suffraga le principali teorie sulla sua provenienza: Terrasanta, Turchia, Europa continentale e peninsulare».
Insomma, la questione sembra aver fatto tanto chiasso quanto la clamorosa prova del carbonio 14 che sembrò datare definitivamente al Medioevo l’invenzione del telo. Poi fu smentita anche quella. C’è un’unica raccomandazione per coloro che pretendono di smontare in laboratorio la “superstizione” sulla reliquia: più il progresso scientifico avanza, più aumentano le prove dell’autenticità della Sindone.