Il discorso di Papa Leone: è iniziata l’uscita (soft) dall'era Bergoglio

di Antonio Soccidomenica 7 settembre 2025
Il discorso di Papa Leone: è iniziata l’uscita (soft) dall'era Bergoglio

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Sabato Leone XIV ha parlato all’Accademia Mariana Internazionale e, riassumendo i contenuti del Congresso che gli sono stati riferiti (quindi non il suo pensiero, ma quello del Congresso), ha esordito così: «In questo 26esimo Congresso vi siete domandati se una Chiesa dal volto mariano sia un residuo del passato oppure una profezia di futuro, capace di scuotere le menti e i cuori dall’abitudine e dal rimpianto di una “società cristiana” che non esiste più».

È chiaro che non è stato un Congresso entusiasmante. Tutti sono ancora sulla linea fallimentare di papa Bergoglio, con la solita solfa del «cambiamento d’epoca», quindi la resa al mondo. Leone XIV anche stavolta, come fa da mesi, ha corretto la linea bergogliana, ma senza strappi, parlando della Madonna che, fra l’altro, è davvero rivelatrice delle diverse stagioni ecclesiali.

Prendiamo la grande crisi degli anni Sessanta. La Chiesa, con la contestazione, fu investita dall’uragano del progressismo teologico e politico che, fra l’altro, cancellò la devozione alla Madonna ritenuta un vecchio bigottismo (fu uno dei segni della deriva protestante presa dalla teologia). Seguì un crollo verticale dei praticanti e delle vocazioni. Molti sacerdoti lasciarono l’abito. Il mondo cattolico si trovò colonizzato dal marxismo e dalla teologia protestante.

Ci si poteva chiedere con Thomas S. Eliot: «È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa?». Don Luigi Giussani, una delle menti più acute del nostro tempo, rispose: «Tutte e due. Innanzitutto è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa... e la Chiesa ha cominciato ad abbandonare l’umanità, secondo me, perché ha dimenticato chi era Cristo, ha avuto vergogna di Cristo, di dire chi è Cristo». Infatti in quegli anni il mondo cattolico non rispose alle ideologie e alle utopie rivoluzionarie con l’annuncio di Cristo come unico vero salvatore, ma andò dietro al mondo. Lo stesso Paolo VI parlò del «fumo di Satana nel tempio di Dio» e temette che la Chiesa fosse ormai alla fine.

Poi di colpo l’imprevisto. Un uragano da oltrecortina: l’irrompere del Papa polacco. La potenza dell’annuncio della sua prima enciclica Redemptor hominis: «Il Redentore dell’uomo, Gesù Cristo, è centro del cosmo e della storia». Un ciclone che fece sollevare il popolo polacco e abbatté il Muro di Berlino: proprio la classe operaia decretò il fallimento del comunismo e lo fece a partire da quei cantieri di Danzica in cui gli operai esponevano l’icona della Madonna di Czestochowa per opporsi al regime comunista, partecipando in massa alle liturgie nei cantieri occupati.

Fu l’inizio della fine per il comunismo dell’est. E tutto accadde nel nome della Madonna amata come vera regina della Polonia, lei che nel Magnificat dice: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili». La profonda devozione mariana di Giovanni Paolo II era condivisa dal suo popolo che si liberava dai tiranni. Tutta la Chiesa riscoprì al tempo stesso l’importanza della Vergine (da allora tornò a diffondersi anche fra i giovani il rosario che era stato quasi dimenticato) e la centralità di Cristo. Da quei primi anni Ottanta la Chiesa rifiorì con grande vigore.

Poi, egualmente imprevisto, è arrivato il pontificato di Papa Bergoglio che è stato un ritorno ai cupi anni Settanta, con una Chiesa subalterna alle ideologie mondane (progressiste) e con il conseguente crollo verticale dei praticanti, delle vocazioni e della presenza cattolica. Nonostante tutto la devozione mariana è rimasta fra la gente, soprattutto grazie ai santuari, ma non nel ceto clericale che è tornato al vecchio progressismo.

Una strada opposta a Maria che nella Chiesa è sempre stata considerata nemica di tutte le eresie e di tutte quelle deviazioni che riducono il cristianesimo a ideologia o a strategia terrena. Perché colei che ha partorito Gesù Cristo ricorda sempre ai cristiani che la salvezza non è un’ideologia, ma un avvenimento storico: Dio che si è fatto uomo. E che solo in Lui c’è salvezza.

La Chiesa bergogliana invece è andata dietro a tutte le mode ideologiche del mondo ed è tornata a vergognarsi di Cristo. Quello di Giovanni Paolo II è stato uno dei pontificati più straordinari della storia, quello di Francesco uno dei più disastrosi. Oggi Leone XIV si trova a doversi mostrare in continuità con due pontificati opposti.
Con una Chiesa che, a livello popolare si è risvegliata sentendo in Leone l’accento cristocentrico di Wojtyla. Ma con un ceto clericale, che tuttora occupa episcopati e Vaticano, che invece vuole continuare con il disastro bergogliano.

Prevost ha posto l’unità al centro del suo pontificato. Per questo evita strappi e prova a valorizzare il buono del predecessore, ma diluito nel magistero di sempre della Chiesa. Anche nel discorso di sabato ha “corretto” il Congresso mariano (bergogliano) dicendo: «Contemplare il mistero di Dio e della storia con lo sguardo interiore di Maria ci mette al riparo dalle mistificazioni della propaganda, dell’ideologia e dell’informazione malata, che mai sapranno portare una parola disarmata e disarmante, e ci apre alla gratuità divina, che sola rende possibile il camminare insieme delle persone, dei popoli e delle culture nella pace.

Ecco perché la Chiesa ha bisogno della mariologia». Adesso il Papa ritrova lo stesso problema con l’enciclica che Bergoglio gli ha lasciato in parte già scritta: riguarda i poveri. Leone XIV si sente costretto a completarla perché così fece Francesco con l’enciclica sulla fede di Benedetto XVI (poi non l’ha quasi mai citata). Prevost forse trasformerà quel testo in una semplice esortazione apostolica e pare che abbia corretto la bozza, troppo “sociologica”, scritta da Bergoglio, con un’ottica più spirituale.

Quale sarà il risultato? Nella Chiesa ci sono due modi opposti per parlare dei poveri: quello di Madre Teresa di Calcutta (con Giovanni Paolo II e tutta la tradizione cattolica) e quello di Bergoglio (con i media mainstream e i vari progressismi). Leone XIV cerca una sintesi difficile. O impossibile.

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