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Il Ticino dice stop ai lavoratori italiani

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Socialisti e Sindacati di sinistra si schierano contro i "frontalieri" che varcano il confine per lavorare in Svizzera. E aggiungono "C'è la crisi anche per noi"

bonfanti ilaria
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Se in Italia si sente la crisi e la paura principale per i lavoratori è quella di trovarsi con una busta paga decisamente ridotta all'osso, fuori dallo Stivale, a Nord del confine, sono proprio gli Italiani a far paura agli Svizzeri. Un'interpellanza parlamentare e un documento sindacale hanno infatti riacceso i fuochi sulla rivalità tra i lavoratori del Canton Ticino e i 40mila lombardi che ogni giorno varcano il confine per lavorare in Svizzera. La "Lega dei Ticinesi", il movimento gemellato con quello di Bossi, da sempre si fa portavoce di un'accesa battaglia contro l'invasione degli italiani in Svizzera. L'idea, però, questa volta è stranamente scaturita da due parlamentari del Partito Socialista, supportato dal Sindacato Unia, da sempre di sinistra. Entrambi sono fermamente convinti che, complice la crisi economica dilagante anche in Svizzera, l'import di manodopera italiana sta causando effetti insostenibili di precarizzazione dei contratti. I rappresentanti socialisti, Raul Ghisletta e Saverio Lurati, hanno presentato all'Assemblea del Canton Ticino l'interrogazione, sottolineando, amareggiati e esausti, come il settore del commercio, uno dei trainanti per l'economia svizzera, sia "ingombrante di italiani".  I deputati hanno inoltre notato una vera e propria "esplosione dei permessi di breve durata", che ammontano a circa 6.325 nuove notifiche che, nella grande maggioranza dei casi, vengono inoltrate da ditte del Cantone che preferiscono attingere, in caso di necessità del personale, a lavoratori precari dall'Italia, piuttosto che assumere gli abitanti della zona. Ghisletta e Lurati pretendono dunque una procedura da seguire nel caso in cui le ditte di commercio del Cantone non assumano residenti e, soprattutto, vogliono che "tutte le deroghe ad aperture di negozi siano sospese se tali ditte resteranno insensibili a richiami politici". E' appunto una delle prime volte, in assoluto, che un Sindacato e un partito di sinistra rompono il fronte della solidarietà tra i lavoratori, chiedendo addirittura esplicite misure di protezione, a netto svantaggio dei frontalieri. Ma l'interrogazione di Lurati e Ghisletta è successiva a un documento, già diffuso in precedenza da Unia, sempre molto critico riguardo alle condizioni salariali praticate in Canton Ticino in seguito alla più basse buste paga accettate dagli Italiani. "Unia" ha sempre fatto notare, a sostegno della propria tesi, che, mentre a Ginevra il salario di un operaio del settore varia dai 3.500 ai 3.800 franchi al mese, corrispondenti a circa 2.500 euro, a Lugano e dintorni tale soglia si abbassa vertiginosamente a 2.500 franchi, proprio a causa degli "immigrati italiani". E meravigliato è il Segretario dei frontalieri della Cgil di Como perchè ritiene di aver sempre "condotto battaglie comuni con Unia", aggiungendo anche che "Se il bersaglio sono le aziende perchè giocano al ribasso con i lavoratori, di qualunque nazionalità essi siano, è un conto. Ma se il bersaglio diventano i frontalieri, allora proprio non ci stiamo".

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