Per la prima volta nella storia le spoglie mortali di San Francesco d’Assisi saranno visibili ai fedeli in un’ostensione pubblica. L’annuncio è stato dato ieri, il giorno della festa del Patrono d’Italia, dalla loggia della piazza inferiore della Basilica, davanti ai molti pellegrini arrivati ad Assisi per l’occasione, alla presenza del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del ministro della Cultura, Alessandro Giuli, tra le autorità e i rappresentanti delle istituzioni. Ed eccolo, allora, Giovanni di Pietro di Bernardone di Assisi come ci appare nella sua “prima vita”. Un giovanotto irruente, ama le feste – anzi è spesso lui l’anima delle feste - e il suo sogno è diventare cavaliere.
Pensa di conquistare gloria e fama come uomo d’armi, invece passerà alla storia come santo, profondo innovatore della vita della Chiesa. È piuttosto prestante, ma dopo che avrà deciso di fondare un nuovo ordine e mettere in pratica le sua rigidissima Regola, dopo anni di privazioni, di digiuni, di notti passate all’addiaccio in preghiera, il suo aspetto cambia. Anche il carattere, ma non del tutto. È diventato, nel tempo, l’alfiere della mitezza e del dialogo, il cercatore della pace ad ogni costo, però un certo piglio militaresco rimane sotto la ruvida tonaca. È intransigente e visionario, tenace e allergico ai compromessi. Chi prova a discutere la sua Regola, che ne critica la rigidezza, riceve risposte ben poco concilianti, basta leggere alcune lettere tra il padre fondatore del francescanesimo e i suoi primi discepoli. È capace di sfuriate, anche se passano alla svelta e senza rancori. Del resto, negli anni in cui vive, in quel burrascoso Duecento, bisogna avere una forza d’animo non comune per perseguire i propri ideali, tanto più per chi intende vivere la fede nell’integrità più totale...Se si contemplano i ritratti di lui , ormai per tutti fratello Francesco, si intuisce questa forza.
L’unica immagine di Francesco ancora vivente si trova nel Sacro Speco a Subiaco, nel monastero benedettino. Un ritratto anonimo, risalente nel 1224, mentre Francesco morirà nel 1226. L’uomo ritratto è giovane, con la barba, una figura che emana forza, dallo sguardo ieratico. Immagine trasformata nei secoli a venire, meno ieratico e forte, più incline a ispirare tenerezza. Ciascuno di noi si forma un’immagine del santo, influenzati più o meno da secoli di testimonianze e di vulgate, di opere d’arte, perché lui è il santo forse più amato e conosciuto, oggetto di infinite ricostruzioni teologiche, storiche, artistiche, letterarie. L’esposizione delle spoglie è un evento inserito nelle celebrazioni dell’8° centenario della morte del Santo (1226-2026) e avrà luogo dal 22 febbraio al 22 marzo 2026: saranno trasferite dalla cripta ai piedi dell’altare papale della chiesa inferiore, dove i fedeli potranno sostare in preghiera. L’iniziativa è stata ovviamente approvata da Papa Leone XIV.
L’annuncio viene fatto, dunque, nel giorno delle celebrazioni del 4 ottobre, ad Assisi, a pochi giorni dall’approvazione in via definitiva della proposta di legge che reintroduce dal 2026, dopo 50 anni, come festa nazionale il 4 ottobre. E proprio in quest’occasione la presidente Meloni, nel suo intervento, tratteggia un ritratto a tutto tondo del santo, definito «una delle figure fondative dell’identità dell’Italia, forse la principale». Non tanto «un trovatore sognante, ma un uomo d’azione. Non amava i compromessi, le mezze verità e i sotterfugi. Era esigente come sono esigenti i santi. San Francesco è stato un uomo estremo, ma non un estremista, ha dato l’esempio della povertà, ma non quello della miseria, che lui e i suoi fratelli hanno sempre combattuto». E si tratta di ridimensionare anche altri luoghi comuni sconfinanti talvolta nell’ideologia: «Come ci ha di recente ricordato Papa Leone, noi non siamo altro che amministratori premurosi di quella casa, affinché nessuno distrugga irresponsabilmente i beni naturali, che parlano della bontà e della bellezza del Creatore, né tantomeno si sottometta ad essi come schiavo o adoratore della Natura...»; quello che è certo è che «in nome della povertà, ha ricordato a tutti noi che nulla in fondo è veramente nostro ma tutto è un dono, la preziosa eredità di un Dio che ci ama nella nostra imperfezione». A qualche contestatore di turno, la presidente del Consiglio ricorda anche che «San Francesco insegnava il rispetto e l’ascolto degli altri». Ma questa è un’altra storia. O forse no, forse è sempre la stessa.