Su qualche muro di Torino fino a poco tempo fa si leggevano ancora le minacce degli anarchici all’indirizzo di Antonio Rinaudo, una vita da magistrato in prima linea contro i violenti. Il 3 marzo 2020, nonostante fosse già andato in pensione, al Palazzo di Giustizia è arrivata una busta: «Ex pm Rinaudo Memento mori», ricordati che devi morire, e un proiettile calibro 6.35. Tre anni prima nel tribunale del capoluogo piemontese era stato intercettato un plico esplosivo con destinatario sempre il pm che aveva indagato sui No Tav: dentro c’era una bombetta.
E nel giugno 2019 gli è stata recapitata una busta con polvere da sparo, fili elettrici e batterie. Gli antagonisti lo volevano morto: da pubblico ministero per primo ha contestato il reato di terrorismo contro la galassia dei violenti che scendono in piazza per dire no a tutto, dall’Alta velocità in Val di Susa, agli sgomberi dei palazzi occupati del quartiere Vanchiglia di Torino; dalla politica estera del governo Meloni al ponte sullo Stretto di Messina. Rinaudo, anche se non più in servizio, conosce bene quella galassia che ha Torino come epicentro dove è fiorita la stagione delle Brigate rosse che nel 1977 colpirono a morte il vicedirettore de La Stampa, Carlo Casalegno, e dove nell’83 le mafie uccisero il giudice Bruno Caccia. Una scia di violenza che torna in questi giorni con gli assalti di Askatasuna, sempre nel capoluogo piemontese.
Sara Munari, la donna alla testa dei ribelli di Askatasuna
Il sindaco Stefano Lo Russo aveva avviato un percorso per far entrare Askatasuna nella legalità. Si chiamava &ldq...Dottor Rinaudo, c’è un legame tra i gruppi antagonisti che oggi provocano scontri violenti nelle nostre città e la stagione di sangue del passato?
«C’è la stessa voglia di dichiarare guerra allo Stato, mi pare evidente. Ciò che Askatasuna sta dicendo con le proteste a seguito dello sgombero del palazzo che occupa illegalmente e con l’annuncio di ulteriori cortei, è una sfida allo Stato e a questo governo in particolare, che ha deciso di ripristinare la legalità».
Si parla da anni dell’illegalità di Askatasuna e del curriculum “criminale” dei capi eppure il Comune di Torino, a guida Pd, non vuole rompere il patto di collaborazione con il centro sociale. Perché?
«Perché fa comodo così. C’è da sempre una sorta di sguardo di favore nei confronti di questo gruppo e nonostante i vari provvedimento di sequestro preventivo, che io ricordo di avere fatto, è prevalsa l’idea che Askatasuna fosse “uno spazio di aggregazione e rappresentanza giovanile” da preservare e che quell’edificio debba essere lasciato agli occupanti sebbene sia un palazzo pubblico, costi ai cittadini in termini di gestione, di riscaldamento, luce, di igiene. Un danno erariale sul quale mi domando perché la Corte dei Conti non intervenga».
Si stupisce del fatto che in piazza a dare solidarietà ad Askatasuna ci fossero anche esponenti del Comune, dei sindacati e deputati di Avs?
«No. Mi stupisco però che nessuno abbia ancora replicato alle dichiarazioni rilasciate alla Stampa da Giorgio Airaudo, segretario regionale della Cgil, che sabato era in piazza...».
Airaudo ha detto che bisogna contrastare il tentativo della destra di ridurre le tensioni sociali a problemi di ordine pubblico e che l’edificio va riconsegnato ad Askatasuna perché “non sono i muri a creare tensione”.
«Le pare normale? Vorrei ricordare ad Airaudo che in occasione delle manifestazioni di piazza questo gruppo si muove e opera con metodi propri delle organizzazioni che hanno una preparazione tipica della guerriglia urbana. E che ogni Primo Maggio (festa che dovrebbe toccarlo nel suo essere) il gruppo di Aska a Torino ha sempre attuato manifestazioni di disturbo del corteo posizionandosi strategicamente in fondo per evitare che il cordone di polizia potesse operare. E che alcuni anni fa, proprio nel giorno della festa dei lavoratori, costoro attaccarono il Palazzo di Città, raggiunsero il balcone d’onore e da qui, dopo aver posizionato bandiere inneggianti ai No Tav, lanciarono una scala contro gli agenti che erano sotto».
Sta dicendo che la Cgil minimizza la portata della violenza di Askatasuna?
«Sì perché non si rende conto della portata delle azioni di questi soggetti e non può dire che sequestrando l’immobile non si risolve il problema. Quando noi abbiamo indagato abbiamo scoperto che all’interno di quello stabile venivano programmati gli assalti al cantiere dell’Alta velocità e ai palazzi delle istituzioni. E, immagino, più di recente l’assalto alla redazione della Stampa e altro. Che il signor Airaudo faccia finta di non ricordare che questi soggetti sono gli stessi che hanno perfino aggredito dei rappresentanti dei sindacati e delle istituzioni, è grave. Il discorso, poi, è anche un altro».
Quale?
«Dire “siamo a favore dello sgombero del centro sociale” sarebbe come dare ragione al governo Meloni, sarebbe un placet politico all’azione dell’esecutivo di centrodestra. E questo per sinistra e Cgil è inconcepibile, ecco perché si trincerano dietro a queste parole di facciata prive di significato. Negano la verità oggettiva».
Quale è la verità oggettiva, vista da chi per anni ha condotto le indagini?
«È che Askatasuna è un’organizzazione preordinata a compiere azioni illecite. L’immobile è un’appendice. Ma il gruppo di Aska pianifica lo scontro fisico con le forze dell’ordine, infatti abbiamo attacchi contro i poliziotti che ricalcano le metodiche di battaglia dei legionari romani, quando le guerre si vincevano corpo a corpo e spesso usano pietre e altri oggetti e indossano abbigliamento idoneo a proteggersi dai getti degli idranti».
Chi finanzia Askatasuna?
«Sicuramente ci sono delle fonti di sovvenzionamento clandestino che arrivano ai leader, i quali altrimenti non potrebbero operare. E poi, tra le loro azioni, ci sono reati compiuti contro il patrimonio, quindi prendono anche da lì».
Askatasuna è la mente e i No-Tav sono il braccio dell’azione criminale?
«Ma assolutamente no. Aska è sia la mente che il braccio delle azioni di piazza, i No-Tav sono manovalanza, è gente della valle. I No-Tav vivono grazie ad Askatasuna e agli anarchici perché da soli non sarebbero mai stati in grado di fronteggiare la situazione che si è creata in valle, non avevano certo le capacità e i mezzi per fronteggiare le forze dell’ordine. Un Perino di turno non faceva nulla da solo. Basti pensare che quando nel 2011 c’è stato l’assalto al cantiere di Chiomonte ed è stato sequestrato un maresciallo dei carabinieri al quale era stata sottratta la pistola di ordinanza, la mediazione è stata condotta con Rossetto, il capo di allora di Askatasuna».
Askatasuna, Marracash solidale: "Facciamoci sentire"
Marracash solidale con Askatasuna. Proprio da Torino, mentre era impegnato in un suo concerto, il cantante ha voluto inv...Nel 2013 lei contestò il reato di terrorismo ad alcuni No Tav arrestati, ma i giudici dissero che una condanna per finalità di terrorismo richiede che vi sia un «grave danno» per lo Stato e che venga «creata un’apprezzabile possibilità di rinuncia da parte dello Stato alla prosecuzione» delle opere per l’Alta Velocità.
«Per me gli estremi c’erano e lo ribadirei anche oggi. Ma mi dissero che ero andato troppo oltre e avevo reminiscenze storiche, dei tempi delle indagini sulle Br. Forse ora qualche riflessione andrebbe fatta. Magari qualcuno mi darà ragione».
Adesso i capi sono giovanissimi: ci sono anche ragazze, la procura contesta loro i recenti assalti di Torino, le occupazioni nelle università, le tensioni durante i cortei dei pro-Pal...
«C’è un ricambio generazionale come sempre è avvenuto, anche nelle Brigate rosse. Oggi ci sono i collettivi universitari, ma fanno proselitismo già nei licei e nelle scuole medie e la galassia pro-Pal non è altro che un’affiliazione di altre forme di antagonismo sviluppato con questo nuovo fenomeno: la lotta contro Israele. E non dimentichi che sta per generarsi anche il movimento No Ponte, nuovo spunto di lotta e di contrasto».
Non si tratta solo una libera manifestazione di dissenso in piazza?
«No. Quella mi starebbe benissimo, è democrazia. Ma quando ci sono tali metodiche di guerriglia non è più democrazia».
Lo Stato cosa può fare?
«Non cedere e continuare su questa strada».




