Guerriglia in Buenos Aires
Il Pg: "Sono solo ragazzi..."
«Nel Paese c'è il rischio di una giustizia sommaria». Lo ha detto il sostituto procuratore generale della Cassazione, Alfredo Montagna, nel corso della dura requisitoria con la quale ha chiesto di annullare le condanne per devastazione nei confronti di 18 imputati appartenenti alla sinistra radicale che in primo e in secondo grado sono stati condannati a 4 anni. Gli imputati sono quelli che l'11 marzo del 2006 hanno portato la guerriglia in corso Buenos Aires a Milano. La pubblica accusa della Cassazione, per sua stessa ammissione, ha fatto un riferimento implicito alle vicende accadute alla scuola Diaz durante il G8 e ha detto: «Esiste un'unica giustizia, non una giustizia che si applica a seconda delle qualifiche che si hanno». Ora i giudici della prima Sezione penale dovranno decidere se confermare le pesanti condanne o riconoscere una pena ridotta per i soli reati di incendio e resistenza a pubblico ufficiale in quanto, come ha detto il pg, «ho la sensazione che nel Paese nei confronti di ragazzi scapestrati si applichi una tutela attenuata rispetto a chi, non essendo un colletto bianco, non ha agganci su cui poter contare». Non che il pg approvi quello che è accaduto alla manifestazione del 2006: «Se fossero andati i miei figli li avrei rimproverati -ammette- ma certo non li avrei mandati in carcere». Di qui il suo appello alla Suprema Corte affinchè «nel Paese -dice Montagna- non passi un messaggio sbagliato. Certamente gli appartenenti alla sinistra radicale che hanno preso parte ad una manifestazione organizzata da Forza nuova dovranno rispondere di incendio e di resistenza a pubblico ufficiale ma non di devastazione». Particolarmente duro il passo della requisitoria laddove il pg Montagna ha sostenuto che «la polizia è convinta che basti identificare i manifestanti per attribuirgli tutti i reati. Infatti, «le forze dell'ordine hanno fotografato di tutto e di più, ma non hanno fornito le foto delle devastazioni. Perchè? Questo non solo mi lascia perplesso ma soprattutto significa che non è stata raggiunta la prova ». Secondo il pg, «non basta aver fotografato dei ragazzi su una barricata per appioppargli qualsiasi reato. La verità è che manca la prova oltre ogni ragionevole dubbio che questi ragazzi abbiano realmente compiuto devastazioni e allora dobbiamo dire al Paese che ci sono ancora molti dubbi in proposito». Noi, che quel giorno eravamo lì, in corso Buenos Aires, dove i sassi volavano bassi, ci chiediamo allora se forse non siamo stati vittime di allucinazioni collettive.