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Ragazzino sbranato, il sindaco

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si nasconde: mancano leggi

Albina Perri
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Il suo paese non ha un canile come prevede la legge, la tragedia del bambino sbranato "era annunciata", ma il sindaco anziché prendersela co se stesso chiede una  legge per abbattere i cani randagi. Salvo specificare poi che i cani assassini in questione randagi non erano, perché erano stati affidati a un privato animalista. Ha le idee un po' confuse il  primo cittafino di Scicli, nel Ragusano, Giovanni Venticinque. Il piccolo concittadino di cui è rimasto poco più di una bicicletta verde, poteva salvarsi, dice a Radio24, perché «questa era una tragedia annunciata: c'è l'assenza di leggi e se ci sono, sono superficiali. Cominciamo a preventivare l'abbattimento degli animali, qualora si ritengano pericolosi. Questa possibilità non esiste in Italia». In questo caso, però, una legge simile non sarebbe servita. Perché, come spiega lui stesso, quelli «non erano cani randagi, ma erano affidati dalla procura di Modica a un privato cittadino, un animalista convinto che li teneva. Le ultime segnalazioni risalivano allo scorso agosto; avevamo affidato tutto alla magistratura, toccava alle forze dell'ordine intervenire, per noi non era più un problema. I cani inoltre stavano in una recinzione, non erano in balia di loro stessi».  Poi il sindaco ha ammesso di non rispettare la legge che impone ai comuni di avere un canile: «Siamo indietro anni luce - ha spiegato - stiamo cercando di costruire un canile ma abbiamo solo 15 mila euro l'anno a bilancio per le società che si occupano di catturare i cani. Il governo dia i soldi per mettere in condizioni le amministrazioni di costruire i canili». Insomma, la soluzione del sindaco: nessuna.

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