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Benedetto XVI si ritrova solo nella guerra del Vaticano

Papa Ratzinger è concentrato sul problema della Cina ma le lotte di potere all'interno della Chiesa sono il vero politico

Giulio Bucchi
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Benedetto XVI è solo nella guerra vaticana che oppone tutti contro tutti. A ogni passo che fa, rischia di trovare una trappola. Anzi, due: una interna e una esterna. Dalla Cina rimbalzano le voci confuse di un complotto ai suoi danni. Non gli rimarrebbero nemmeno dodici mesi di vita, secondo un appunto riservato che, secondo Il Fatto quotidiano, sarebbe stato oggetto di discussione fra il cardinale Dario Castrillón Hoyos e il Papa stesso. Fra smentite e nuove rivelazioni, rimane una certezza: da tempo in cima ai pensieri del Papa c'è la Cina. È una preoccupazione pastorale, espressa già nel 2007 nella Lettera ai cattolici cinesi. Ma dietro i temi forti dei rapporti fra Chiesa e Stato e della tutela della libertà religiosa si intravede una considerazione geopolitica: l'asse del potere economico mondiale sta spostandosi verso l'Asia, dove prevalgono religioni prive di divinità trascendenti, l'induismo e il confucianesimo. Un'assenza che ostacola l'annuncio di Cristo, figlio di Dio e salvatore degli uomini. E se il rispetto dei diritti umani, in quella fetta di mondo, è pressoché nullo, cosa accadrà quando l'Occidente si troverà a subire la dominazione dell'Oriente? Si tratta di decidere se giungere a uno scontro di civiltà o, in alternativa, se creare un rapporto con le culture non cristiane, sanando le fratture e riducendo le distanze. Ma l'obiettivo ultimo della Chiesa è l'evangelizzazione. A riprova della fondatezza dei timori del Pontefice, c'è chi si prodiga per ostacolarla. Cristianesimo significa dignità dell'uomo. Un concetto totalmente inaccettabile per un sistema economico che fonda il proprio vantaggio competitivo nei confronti del resto del mondo sulla produzione in campi di lavoro e rieducazione. Lo chiamino capitalismo oppure socialismo di Stato, porta con sé l'idea del profitto a ogni costo, per il quale un'autorità morale esterna è impensabile. Così, pur di far tacere la voce del successore di Pietro, c'è chi è disposto a far di tutto per screditarlo. Ovviamente anche chi, in Occidente, si avvantaggia della delocalizzazione e delle merci cinesi a basso costo, non può vedere di buon occhio il tentativo di introdurre elementi di civiltà e di democrazia dietro la Muraglia cinese. C'è, dietro il Portone di bronzo, chi arriva a interpretare così, come un attacco alla Chiesa allo scopo di imbavagliarla, la genesi delle numerose campagne scandalistiche sulla presunta scarsa autorevolezza morale della Santa Sede in fatto di riciclaggio di denaro. Senza escludere che l'orchestra del fango approfitti dei casi di pedofilia fra gli ecclesiastici per imporre alla Santa Sede anche il silenzio sulle violente persecuzioni dei cristiani nel mondo. «Queste però malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa. Il danno maggiore, infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l'integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di profezia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto», aveva detto, meno di due anni fa, il Santo Padre in un'omelia del 29 giugno 2010, nella solennità dei santi Pietro e Paolo. In quell'occasione, aveva fatto riferimento anche ad «atteggiamenti negativi che appartengono al mondo e che possono contagiare la comunità cristiana: egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro». Stava naturalmente commentando le scritture, con un riferimento alle lettere di san Paolo, non senza però contestualizzarle nella situazione odierna, assicurando che «vi è una garanzia di libertà assicurata da Dio alla Chiesa, libertà sia dai lacci materiali che cercano di impedirne o coartarne la missione, sia dai mali spirituali e morali, che possono intaccarne l'autenticità e la credibilità». Insomma, i nemici della Chiesa non si trovano soltanto in Cina, ma anche all'interno delle mura vaticane, da dove lo scontro fra fazioni si sta proiettando sempre più all'esterno, dando l'impressione che «ci si morde e ci si divora a vicenda, come espressione di una libertà male intesa», aveva scritto il Papa in una lettera ai vescovi nel marzo 2009. Non tutti gli hanno dato ascolto. Alcuni hanno continuato a sbranarsi imperterriti, ignorando non solo il monito ma anche le strategie del Papa e facendo il gioco dei suoi nemici. di Andrea Morigi

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