Jobs Act, la riforma: resta l'articolo 18 ma i nuovi assunti saranno licenziabili
Per ora non c'è nulla di ufficiale, insomma il condizionale è d'obbligo, ma il momento del fantomatico Jobs Act si avvicina, e con lui le indiscrezioni relative alla legge delega della riforma del mercato del Lavoro. Secondo quanto anticipa La Stampa, si prospetterebbe una soluzione "leggera" per le nuove regole, una soluzione che scontenterebbe il Ncd di Angelino Alfano, che vorrebbe una drastica revisione dello Statuto dei Lavoratori e l'abolizione dell'articolo 18. I contenuti - La riforma, invece, non prevederebbe lo smantellamento dell'articolo 18 né la revisione globale dello Statuto dei Lavoratori. Arriverebbe invece il "contratto d'inserimento a tutele crescenti", riservato ai giovani fino ai 35 anni e alle persone con più di 50 anni: i datori di lavoro potranno licenziarli senza vincoli, ma in caso di conferma riceveranno un bonus fiscale (sotto forma sgravio Irap o contributivo). Per lo Statuto arrivano due modifiche: la prima, la possibilità per le aziende di "demansionare" i dipendenti (ridurre la mansione, tagliando anche la paga); la seconda, potranno usare tecnologie per il controllo a distanza delle prestazioni dei lavoratori. Le divergenze - Quelli di qui sopra, dunque, sarebbero i punti fondamentali della legge delega, che stabilisce le linee generali della riforma: una volta approvata dal Parlamento, al governo spetterà il compito di definire i dettagli delle nuove regole rispettando quei paletti. Come detto, la riforma rischia di scontentare Ncd, da cui si fa sentire la voce di Maurizio Sacconi, presidente della Commissione Lavoro al Senato che chiede "una delega di riforma innovativa". A fare da controcanto a Sacconi è Cesare Damiano, del Pd, che spiega: "Non bisogna appesantire la riforma con richieste non ricevibili".