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Jobs Act, il ministro Giuliano Poletti: "Articolo 18, reintegro solo per casi gravi". Minoranza Pd al Senato: sì alla fiducia

Giulio Bucchi
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Dopo la bagarre al Senato di mercoledì mattina il ministro del Lavoro Giuliano Poletti dribbla le contestazioni dei senatori del Movimento 5 Stelle (e nel tardo pomeriggio il leghista Gian Marco Centinaio ha addirittura tirato i faldoni del regolamento contro il presidente Pietro Grasso) e affida la presentazione del Jobs Act a un testo scritto: niente discorso in Aula, dunque, in attesa del voto di fiducia atteso in serata intorno dalle 21. La fronda interna del Pd, che conta su 36 "dissidenti", ha già annunciato che non ci saranno sgambetti al governo, anche se Vannino Chiti ha anticipato che "alla Camera non ci si limiterà a un timbro". Voteranno contro, oltre ai 5 Stelle, anche i senatori di Forza Italia, che per bocca di Giovanni Toti hanno definito il Jobs Act un "Bluff act...": "Porre la questione di fiducia su una tematica delicata e complessa come il lavoro è inaccettabile. E' comprensibile che Renzi voglia presentarsi al vertice europeo del lavoro di Milano con in tasca l'importante sì del Senato, ma sarebbe necessario che non guardasse soltanto alle scadenze con i suoi interlocutori esteri", fa eco Luigi Perrone. Intanto da Milano il presidente uscente della Commissione Ue José Barroso ("Riforma di grande impatto") e la cancelliera tedesca Angela Merkel ("Il Jobs Act è un passo importante per l'Italia") hanno applaudito Renzi, che a sua volta ha mandato un messaggio agli avversari: "Non ci fermeremo". Articolo 18 e reintegro - Tra i punti chiave della riforma targata Poletti c'è naturalmente quello sull'articolo 18: "Per semplificare, superare elementi di incertezza e discrezionalità, per ridurre il ricorso ai procedimenti giudiziari, nella predisposizione del decreto delegato relativo al contratto a tutele crescenti, e quindi per le nuove assunzioni, il governo intende modificare il regime del reintegro così come previsto dall'art. 18, modificato dalla legge n. 92/2012 - precisa il testo del ministro -. Eliminandolo per i licenziamenti economici e sostituendolo con un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità". Il reintegro dunque resta solo "per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare particolarmente gravi, previa qualificazione specifica della fattispecie. Per le situazioni diverse sarà previsto un indennizzo economico definito e certo". Saranno i successivi decreti a precisare quali siano i motivi "particolarmente gravi". Via i co.co.pro - Sui contratti nessuna novità: via i co.co.pro "precarizzanti" e largo al "contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti che avrà caratteristiche di attrattività normativa ed economica in grado di invertire la tendenza in atto in questi anni e che ha visto aumentare i contratti precari e ridursi a meno del 20% i contratti a tempo indeterminato", spiega Poletti nel testo. Le tutele  a quei lavoratori subordinati e parasubordinati che attualmente non ne usufruiscono o lo fanno in misura sostanzialmente insignificante. Vogliamo produrre una logica di condizionalità per cui chi ha diritto ad un sussidio sia contemporaneamente vincolato ad obblighi e condizioni e vogliamo fare in modo che i servizi per l'impiego pubblici, privati o del privato sociale prendano in carico questi soggetti e li accompagnino con progetti individualizzati in un percorso teso a superare lo stato di problematicità in cui si trovino e possano partecipare ad attività utili alla collettività". Certo, servono molte risorse e molto tempo: "Per le risorse è vero, ne servirebbero di più. Intanto il governo assume l'impegno a finanziare per 1,5 miliardi i nuovi ammortizzatori, insieme a questo dovranno essere meglio utilizzate le risorse attualmente disponibili".  

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