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Centrella (Ugl): "Basta coi sindacati che fanno politica"

L'erede di Renata Polverini: "Cgil bocciata, ma anche Cisl e Uil..."

Giulio Bucchi
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Si autodefinisce «un operaio». «Un sindacalista operaio, lontano dalla politica e dalle sue ingerenze». Più fatti che parole, insomma. «Prima gli interessi di lavoratori e pensionati, poi la ribalta della televisione», sottolinea. Forse, anche per questo,  del personaggio Giovanni Centrella che dal 29 maggio 2010 è il nuovo segretario dell'Ugl, se ne sa ancora poco. Si sa che deve fare i conti con un'eredità difficile: quella della Polverini.  E che è arrivato al vertice  in un momento delicatissimo: nella costante contrapposizione Cgil-Cisl e Uil si fa fatica a smarcarsi. Eppure lui ne è convinto: «Nel lungo periodo, il lavoro paga». Segretario si sente spesso con la Polverini? «Certo. Il presidente ha grande esperienza sindacale e io la sento per farmi dare consigli che non riguardano mai la politica».   Quanto le pesa, ancora oggi, aver sostituito l'attuale governatore del Lazio? «Lei ci ha lasciato una confederazione rinnovata, piena di giovani, che fanno della divisione tra politica e sindacato un modo di essere. E io non sto facendo altro che seguire questa strada...». Certo, però non può negare che dal punto di vista mediatico... «Sarei un bugiardo se dicessi che non ci sono state difficoltà. Soprattutto in tv. Lei aveva un impatto mediatico forte, io me lo devo ancora conquistare». Come si fa? «Non lo so. Credo sia anche una questione di tempi. Mi sono trovato in un periodo storico nel quale c'è un forte scontro tra la Cisl di Bonanni e la Fiom di Landini. Così vengono chiamati sempre loro. Io penso a lavorare per operai e pensionati convinto che nel lungo periodo tutto questo paghi». Pensa che nel sindacato ci sia troppa politica? «Sì. Il sindacato è per l'80% politicizzato. Basta vedere la Camusso (Cgil) che a giorni alterni chiede le dimissioni di Berlusconi». È solo colpa della Cgil? «No. È una caratteristica anche degli altri». Invece l'Ugl? «La stessa Polverini ci ha detto che se è giusto dobbiamo scioperare anche contro di lei. E noi abbiamo scioperato per ben sei volte contro il governo». Eppure i maligni dicono che da quando lei è andata via, l'Ugl ha perso peso... «Non credo. Basta guardare i referendum di Mirafiori e Pomigliano. Senza l'Ugl non sarebbero passati...». Gli stessi maligni sostengono che nella vertenza Fiat siete troppo appiattiti su Marchionne... «Guardi, se fossimo stati a fianco della Cgil avremmo avuto un impatto mediatico diverso, ma viene prima il bene dei lavoratori. È una questione di merito: gli accordi di Pomigliano e Mirafiori hanno gli stessi contenuti di quelli sottoscritti dagli operai della Fma di Pratola Serra  e della Sata di Melfi. Anzi. Se a questi ultimi proponessimo lo stesso accordo di Pomigliano loro accetterebbero di corsa». Magari Marchionne poteva essere più chiaro sul progetto Fabbrica Italia. Ancora non si sa dove investirà i famosi 20 miliardi... «Su questo sono d'accordo. Gli abbiamo chiesto maggior chiarezza e continueremo a farlo». Passiamo al governo. Come giudica l'attuale situazione di impasse? «Non so dirle se Berlusconi deve andare via. E non mi interessa. Le dico solo che il governo ha l'obbligo di impostare una politica vera per i redditi medio bassi». E non lo sta facendo? «Se prendo le mie buste paga dal 1995 a oggi, l'incidenza delle tasse è sempre aumentata. Certo abbiamo detassato straordinari e premi di produzione, ma con la crisi non serve a molto». E allora? Qual è la misura prioritaria secondo l'Ugl? «Aumentare le tasse a chi guadagna di più e diminuirle a chi guadagna meno». Una misura di sinistra... «Io non sono di sinistra, ma, ripeto,  credo sia necesario riequlibrare le aliquote a favore delle fasce più deboli. Del resto, sono anni che insistiamo sull'introduzione del quoziente familiare».  E le risorse? «Le si trovano sottraendole alle cose inutili». Per esempio? «Penso agli sperperi per la costruzione della terza corsia della Salerno-Reggio Calabria. Tremonti, Bonanni e Angeletti hanno dovuto fare un viaggio in treno per rendersene conto. Trovo paradossale che personaggi della loro esperienza ci siano arrivati così tardi. Forse prima d'ora non erano mai stati al Sud». di Tobia De Stefano

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