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Arriva la cremazione bio

e la morte diventa verde

Albina Perri
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Anche la morte diventa bio: arriva dal Canada, infatti, una tendenza che punta a rendere biologico anche l'eterno riposo. Coloro che hanno scelto bare in cartone riciclato e hanno preferito evitare sostanze chimiche che penetrano nel suolo, saranno presto superati dalla cremazione “verde”. La cremazione – modalità scelta da un terzo degli americani e da più di metà dei canadesi – attuale disperde nell'aria circa 400 chilogrammi di anidride carbonica, gas serra considerato responsabile del surriscaldamento globale, nonché agenti inquinanti come diossine e mercurio, se ad esempio il defunto aveva otturazioni d'argento. Inoltre, tra elettricità e gas, la cremazione consuma un quantitativo di energia pari a quello necessario per fare 800 chilometri in auto. Così, dal Canada è in arrivo l'idrolisi alcalina, un processo chimico a base di acqua che gli ideatori definiscono “bio-cremazione”, perché sostengono impieghi circa un decimo del gas naturale e un terzo dell'elettricità necessari per una cremazione standard. La cremazione bio taglierebbe di quasi il 90% le emissioni di CO2, e soprattutto non ci sono fughe di mercurio, perché otturazioni e altri oggetti di metallo vengono recuperati integri. Paul Rahill, presidente della divisione cremazioni di Matthews International ‹MATW.O›, spiega: «il pubblico a cui ci rivogliamo è composto dalle persone che comprano macchine ibride anziché normali». La società di pompe funebri, con sede a Pittsburgh, Pennsylvania, progetta  il lancio commerciale della idrolisi alcalina a gennaio, in Florida.

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