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Bertinotti saluta i suoi

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Guerra in casa comunista

Albina Perri
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In quel di Chianciano Terme in questi giorni sta andando in scena un dramma. Politico, partitico e, soprattutto, comunista. Rifondazione si è data appuntamento per ricominciare a vivere dopo la batosta elettorale: non un parlamentare per il partito che fu di Fausto Bertinotti. Una scoppola dura da digerire mentre i coltelli sono stati affilati da un bel po' e la resa dei conti, ormai, è prossima. Oggi però è arrivato Fausto Bertinotti e il clima si è rasserenato. L'ex presidente della Camera ha strappato gli applausi di tutta la platea: 630 delegati che gli hanno riservato una standing ovation. “La democrazia si è fatta opaca e questo governo ogni giorno aggiunge le tessere ad un mosaico che va contro i valori della Resistenza. Quando si dice opposizione, stiamo parlando di un compito enorme contro questo governo, ma anche della ricostruzione di un senso comune di appartenenza”, ha dichiarato. Poi l'attacco al Partito democratico: "Oggi non c'è un'opposizione perché non c'è la sinistra. Il Pd non ha i fondamenti per essere un partito di opposizione". Per il resto, "Di Pietro e in generale il populismo sono opposizione ma non di sinistra, anzi, appartengono a una culturale della destra. L'opposizione di sinistra parte dalle ragioni del conflitto sociale". Di cosa ha bisogno allora la sinistra? Da dove ripartire? "Dalla realtà, dal basso, dalla non delega. O sarà democrazia partecipata o non ci sarà una sinistra degna della sfida del ventunesimo secolo. Abbiamo bisogno della ricostruzione di un nuovo movimento operaio". Poi l'addio, commosso: "Grazie per quello che mi avete dato in questi anni. Vi voglio bene". La gente lo saluto come "il numero 1" e Marco Ferrando, leader del Partito comunista dei lavoratori scherza: "Sbrigati ad andare via prima che ti fanno segretario". Ma dietro alla festa per Fausto, la battaglia continua. A fronteggiarsi sono Nichi Vendola, governatore dell'Umbria, e Paolo Ferrero, ex ministro della Solidarietà sociale. Tra mozioni e discussioni che sanno di tempi passati, Rifondazione sta riuscendo nell'impervio tentativo di scindere l'atomo. “Questo documento è nato con me, io cerco l'unità, lavoro per la mediazione ma sono un comunista e non posso tradire”, dichiara orgoglioso Claudo Grassi, uomo politico di lungo corso nonché promotore della mozione 1, quella per una “Rifondazione Comunista in movimento Rilanciare il Partito, costruire l'unità a sinistra”, sostenuta da Ferrero. Dall'altra parte della barricata la mozione 2, quella di Vendola. Stanno litigando e non poco. Basta leggere la cronaca che ne fa Liberazione: “Dal momento che la mozione 2 non molla Nichi, anche a costo di finire in minoranza, tutto dipende da come si porrà la mozione 1”. Guerra di numeri, guerra di delegati per capire chi alla fine la spunterà. E sono già trascorsi tre giorni dall'inizio del VII congresso. Oggi è in programma l'intervento del delegato Fausto Bertinotti, poi toccherà a Ramon Mantovani, uno molto arrabbiato con l'ex presidente della Camera. Poi parlerà Grassi, poi Ferrero. Altra lunga giornata di passioni dopo una notte di faccia a faccia. Facendo i conti in tasca ai presenti, Ferrero potrebbe superare di poco il 50% dei voti dei delegati. Al suo 40% aggiungerebbe quelli dei trotzkisti di Claudio Bellotti (circa il 3%) e almeno una parte della mozione 3 (Pegolo-Giannini, 7,7%). Vendola parte dal 47,7%. Per lui superare il 50 per cento è molto più semplice. Restano in ballo il 3,2% della mozione 4 (De Cesaris-Russo) e l'1,5 degli antimilitaristi della 5. E c'è sempre un pezzo della 3 che guarda all'astensione. Tutti contro tutti. Però è pur sempre estate e Liberazione ricorda che dal primo al 7 settembre è in programma il campeggio nazionale: nuove rotte per una generazione ribelle tra workshop, dibattiti, tornei di calcetto, dance hall e beach party. La rivoluzione la si può fare anche al mare.

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