Caso Mediatrade, chiuse le indagini
Ghedini: "L'ennesimo procedimento, alla vigilia delle elezioni, desta straordinaria indignazione"
L'inchiesta Mediatrade-Rti è stata chiusa dalla Procura di Milano. Il pm Fabio De Pasquale ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini sulle presunte irregolarità nella compravendita di diritti televisivi che, secondo l'accusa, sarebbero serviti a creare fondi neri. L'inchiesta è nata nel 2007, anno in cui Berlusconi fu iscritto nel registro degli indagati per concorso in appropriazione indebita. Fra le 12 persone alle quali la Guardia di Finanza ha notificato l'avviso di chiusura delle indagini figura anche il figlio del premier, Pier Silvio Berlusconi, che è stato consigliere di amministrazione e vice presidente di Mediatrade. Sono indagati anche Fedele Confalonieri, il banchiere Paolo Del Bue, il produttore Frank Agrama, tre dirigenti di Mediaset e due cittadini di Hong Kong. I reati contestati, a vario titolo, sono: concorso in appropriazione indebita, frode fiscale e riciclaggio. Contestazioni incredibili - Niccolò Ghedini, parlamentare Pdl e avvocato del premier, ha commentato la notifica con una nota ufficiale: «La Procura di Milano ancora una volta continua nella pervicace volontà di sottoporre a processo Silvio Berlusconi. L'ennesimo procedimento, alla vigilia delle elezioni, desta straordinaria indignazioneLe contestazioni mosse hanno dell'incredibile sia per il contenuto delle stesse sia per gli anni a cui si riferiscono, periodo in cui Silvio Berlusconi non aveva la benché minima possibilità di incidere sull'azienda». Sulle accuse contro il figlio del premier, Ghedini ha aggiunto: «Estendere l'incolpazione a Piersilivio Berlusconi, colpevole evidentemente di essere figlio di Silvio Berlusconi, è poi del tutto sconnesso da qualsiasi logica e da qualsiasi realtà fattuale essendo già da tempo dimostrata in atti, con documenti e testimonianze, la sua totale estraneità ai fatti contestati». L'avvocato poi storce il naso sul tempismo dei giudici: «L'ennesimo procedimento, che non potrà che risolversi in una declaratoria di insussistenza dei fatti, alla vigilia di una delicata competizione elettorale e proprio quando si stanno discutendo le riforme della giustizia, non può non destare una straordinaria indignazione». Muore la giustizia - «Dopo la chiusura dell'inchiesta sui diritti tv, c'è qualcuno che può ancora credere che alcuni pubblici ministeri siano interessati a celebrare la giustizia, applicare le leggi e ricercare la verità?». Se lo chiede il coordinatore nazionale del Pdl, Sandro Bondi, secondo cui se si va avanti «di questo passo, muore il senso della giustizia e scompare definitivamente la fiducia dei cittadini nella magistratura. L'unica speranza è che maturi, anche da parte della sinistra, la consapevolezza della necessità e urgenza di una riforma che restituisca imparzialità, dignità e fiducia all'amministrazione della giustizia nel nostro Paese».