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Cei: "Classi dirigenti del Sud inadeguate"

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Dal meridione l'accusa dei vescovi alla politica

francesca Belotti
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Per risolvere la questione meridionale, è necessario far crescere il senso civico di tutta la popolazione, ricostruire la "necessaria solidarietà nazionale", ma è anche urgente "superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti". E' quanto afferma il nuovo documento dei vescovi italiani su "Chiesa e mezzogiorno". "Non è possibile mobilitare il Mezzogiorno senza che esso si liberi da quelle catene che non gli permettono di sprigionare le proprie energie", per questo la Cei condanna "con forza" una "delle sue piaghe più profonde e durature", un vero e proprio "cancro": la mafia. Nel nuovo documento per il Sud, i vescovi italiani parlano della criminalità organizzata, "rappresentata soprattutto - dicono - dalle mafie che avvelenano la vita sociale, pervertono la mente e il cuore di tanti giovani, soffocano l'economia, deformano il volto autentico del Sud". Le mafie, aggiunge la Cei, "sono la configurazione più drammatica del male e del peccato". "La prospettiva di riarticolare l'assetto del Paese in senso federale costituirebbe una sconfitta per tutti, se il federalismo accentuasse la distanza tra le diverse parti d'Italia". E' la posizione della Cei sul federalismo, espressa nel nuovo documento su Chiesa italiana e Mezzogiorno dove si auspica "un federalismo, solidale, realistico e unitario" che "potrebbe invece rappresentare un passo verso una democrazia sostanziale". "Un tale federalismo - affermano i vescovi - rafforzerebbe l'unità del Paese”

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