Cerca
Cerca
+

Silvio: "Sono tranquillo, ho dato il massimo"

default_image

Il premier: L'Europa mi apprezza, ottimista per il Lazio

Albina Perri
  • a
  • a
  • a

«Come andranno le elezioni? Siamo ottimisti sul risultato, sono sereno: io ho fatto tutto quello che potevo fare». Il ventiseiesimo giorno di campagna elettorale, che è pure il penultimo, finisce qui, davanti all'ingresso dell'hotel Conrad, pieno centro di Bruxelles. Mancano pochi minuti alla mezzanotte, quando Silvio Berlusconi rientra dalla cena con i capi di Stato e di governo. Avenue Louise è la morte civile. Strana questa città: bordello di giorno, desolazione notturna. Piove, smette, ricomincia. Da piazza Schuman, dove c'è il Consiglio europeo, il corteo del premier italiano impiega pochi minuti ed è già a destinazione. Nello spiazzo davanti al Conrad arriva la staffetta dei poliziotti francofoni in moto, la macchina della scorta, quindi l'Audi del Cavaliere. Ad attendere il premier davanti al suo hotel, c'è una improvvisata cellula oriunda di “Silvio ci manchi”: tre ragazze laureate, stage in corso presso le istituzioni comunitarie, che si fanno due ore in ammollo pur si stringere la mano del Cavaliere. Stoiche.  Scende con alcune cartelline in mano, Berlusconi, l'occhio a mezz'asta. E ci mancherebbe: la giornatina trascorsa nell'ombelico d'Europa è stata quello che è stata. In più, viene da settimane intense, durissime. Ha fatto di tutto: comizi, convegni, conferenze, telefonate, messaggi, spot, interviste ai giornali, alla radio, ai tg. Ha girato l'Italia da parte a parte. Tutto pur di far vincere i suoi candidati in bilico. aggancio al conrad Ma poi Silvio è pure il presidente del Consiglio, la sua agenda non si esaurisce con gli impegni elettorali e non può mancare agli appuntamenti con i grandi d'Europa. Eccolo qui. A Bruxelles il cordone di sicurezza del capo del governo è un po' meno sotto stress. Oltre confine non ci sono tuonati che vogliono cambiargli i connotati. Allora, ad attendere il premier davanti al suo hotel, c'è una improvvisata cellula oriunda di “Silvio ci manchi”: tre ragazze laureate, stage in corso presso le istituzioni comunitarie, che si fanno due ore in ammollo pur si stringere la mano del Cavaliere. Stoiche. Ma non sono le sole che lo stanno aspettando: «Come è andata la cena con i capi di Stato e di governo? Bene, molto bene», racconta Berlusconi al cronista di Libero, «abbiamo trovato un accordo sul salvataggio della Grecia. Se Atene dovesse chiedere, e al momento non ha chiesto niente, ci sarebbe un'azione coordinata, nostra e del Fondo monetario internazionale, per elargire prestiti bilaterali o anche soltanto azioni di garanzia». A Roma il Cavaliere deve sorbirsi le toghe rosse, Di Pietro, Santoro, qui a Bruxelles si sta molto meglio invece: «Tutti riconoscono il mio protagonismo. A cena ho sollevato cinque questioni per il futuro dell'Europa. Le vuole conoscere? Gliele elenco? Bene: dobbiamo arginare il problema della delocalizzazione delle imprese e quello della concorrenza cinese; combattere le speculazioni finanziarie e sulle risorse; valutare il problema dell'aumento dell'età media lavorativa. Sono stato molto apprezzato». La chiacchierata scivola sui temi di politica italiana. Le elezioni regionali. È giovedì notte e quello che sta per arrivare è l'ultimo giorno di campagna elettorale. Silvio non intende risparmiarsi. Prima di salire su, nella sua suite, dà disposizioni per la partenza. Si va via di primo mattino: a Roma lo attende una lunga giornata tutta dedicata alla sua più grande scommessa elettorale, Renata Polverini. È tardi, Berlusconi si mette di tre quarti, direzione hall dell'hotel: vuole andare. «In queste settimane, tutto quello che si poteva fare, l'ho fatto. Io ci credo, possiamo vincere». Gli ultimissimi sondaggi regalano un sorriso per quanto riguarda Lazio e Piemonte, una ruga di preoccupazione per la Campania. «Abbiamo subito una campagna indegna, ci hanno attaccato nei modi più vergognosi, non siamo stati messi nella condizione di spiegare i fatti del nostro governo». La verità è che stavolta, il Cavaliere, si è trovato davvero solo contro tutto e tutti: i giudici, la sinistra, le intercettazioni, l'odio, il male, la sfiga. «Abbiamo subito una campagna indegna, ci hanno attaccato nei modi più vergognosi, non siamo stati messi nella condizione di spiegare i fatti del nostro governo». In un'altra situazione, Silvio avrebbe evitato un intervento così massivo in campagna elettorale. Ma la situazione gliel'ha imposto. La campagna di denigrazione stava portando a un declino del PdL nei sondaggi dovuto alla disaffezione dell'elettorato moderato verso la politica. «E l'astensionismo di solito premia la sinistra». Certo, c'era pure qualche alleato che poteva fare di più, risparmiandosi polemiche interne nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni regionali. Ma queste non sono riflessioni da affidare a un giornale. Di Gianfranco Fini, Silvio si lamenta in privato, con gli europarlamentari che lo accompagnano al piano per dargli la buonanotte. Salvatore Dama

Dai blog