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Uno bianca, Occhipinti esce dal carcere

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L'ex poliziotto condannato all'ergastolo parteciperà a una Via Crucis

Eleonora Crisafulli
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Marino Occhipinti, l'ex poliziotto e membro della banda della Uno bianca condannato all'ergastolo, esce dal carcere. Venerdì mattina per la prima volta il detenuto lascerà il penitenziario di Padova usufruendo di un permesso premio per partecipare a una Via Crucis a Sarmeola di Rubano, assieme ad altri detenuti e operatori sociali. Solo cinque ore d'aria, poche ma sufficienti a scatenare la protesta dell'associazione delle vittime della Uno bianca. La protesta - La presidente Rosanna Zecchi spiega: "Non possiamo tollerarlo perché lui è stato zitto per sette anni. Sapeva cosa faceva la banda e avrebbe potuto salvare altre vite se avesse parlato". Disappunto anche da Luigi Beccari, il papà della guardia giurata uccisa da Occhipinti il 19 febbraio 1988, durante l'assalto a un furgone, davanti alla Coop di Casalecchio di Reno, nel bolognese: "Non sono d'accordo nemmeno su un permesso di poche ore. Lui mi ha rovinato la vita e deve stare dentro". Il permesso premio - Occhipinti, ex poliziotto della squadra mobile di Bologna, è stato condannato per associazione a delinquere, omicidio volontario e rapine. Da quando è in carcere, dal 29 novembre 1994, non ha mai ottenuto un permesso. Ieri, per la prima volta, un giudice, Giovanni Maria Pavarin, ha firmato il decreto per la concessione del premio. L'avvocato Milena Micele ha parlato di tre pagine di motivazioni "puntigliose e precise, in cui non c'è solo un richiamo agli articoli di legge che consentono i permessi, ma anche l'analisi di più profili, ad esempio la sua condotta in carcere, il grado di pericolosità sociale, la dissociazione concreta che è stata riconosciuta da una sentenza di appello del 2001 come attuata da Occhipinti nel 1988, il suo percorso di rivisitazione critica, oltre che il parere della direzione carceraria". Tutto questo però non basta ai famigliari delle vittime: "Sappiamo che la legge è dalla sua parte ma noi non possiamo perdonarlo. Se il giudice ci avesse informato prima, noi non gli avremmo detto "No, non lo faccia", ma almeno un minimo di sensibilità avrebbe potuto averla. I giudici non si mettono mai dalla parte delle vittime".

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