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Addio a Maurizio Mosca

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Il giornalista sportivo ha lavorato fino all'ultimo in televisione, radio e giornali

Eleonora Crisafulli
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È morto questa notte il noto giornalista sportivo Maurizio Mosca. Da tempo malato, si è spento, all'età di 69 anni, all'ospedale S. Matteo di Pavia. Ne dà notizia la famiglia. Nonostante il suo stato di salute, aveva lavorato fino all'ultimo in televisione, alla radio e sui giornali. Ieri mattina aveva pubblicato ancora un articolo sul blog della trasmissione "Guida al campionato", prendendo posizione sul complicato rapporto tra Josè Mourinho, allenatore dell'Inter, e Mario Balotelli,  giovane attaccante nerazzurro. La carriera - Mosca è stato uno tra i più popolari giornalisti sportivi. Conosciuto dal grande pubblico grazie alle sue '"bombe" sul calcio. Nato a Roma il 24 giugno 1940, figlio di Giovanni, umorista e giornalista, e fratello dello scrittore Paolo, comincia la sua carriera lavorando per il quotidiano "La Notte" di Milano. In seguito diventa caporedattore alla "Gazzetta dello Sport," testata per cui lavorerà oltre venti anni. Le prime esperienze televisive risalgono al 1979: debutta come conduttore di un programma sportivo di un'emittente locale milanese. Successivamente dirige il periodico "Supergol". Le trasmissioni televisive e radiofoniche a cui Maurizio Mosca viene invitato diventano poi sempre più numerose, sia a livello locale che nazionale. Il programma che lo consacra definitivamente come un personaggio tv è "L'appello del martedì" (1991), che Mosca conduce indossando una toga da giudice in una finta aula di tribunale. Poi seguono "Calciomania", "Guida al campionato", "Controcampo", "Zitti e Mosca", "La Mosca al naso" e "Il processo del lunedì" assieme ad Aldo Biscardi. Nel 2002 conduce insieme a Paolo Liguori la trasmissione "Senza Rete", in onda su Rete4. Nel 2004/2005 è opinionista fisso di "Guida al campionato" e "Controcampo". Il saluto dei colleghi - Commosso Aldo Biscardi ricorda «un compagno prezioso e fedele del Processo del lunedì. Era istintivo, ma sincero, scoppiettante e forte. Non aveva paura di dire la verità e lascia davvero un vuoto incolmabile: sarà difficile oggi che possa rinascere un altro Mosca». Profondamente scosso anche Giampiero Mughini: «Con Maurizio Mosca muore anche la tv generalista: quei programmi con scorribande, liti, ironia, autoironia. Ora basta pagare una tesserina per vedere solo le partite. Nell'ultima fase della sua vita Maurizio aveva una vitalità di superficie. In realtà era disperato. Sua madre era morta da qualche anno, ma molti non sanno che la madre era gravemente malata e da dieci anni ridotta in stato vegetativo. Viveva a casa di Maurizio, l'unico di quattro fratelli ad aver assistito sua madre malata per anni, privandosi di tutto, delle vacanze e della sua vita». Del collega Mughini ricorda gli esordi e l'apoteosi: «Era nato dalla carta stampata, ma il suo capolavoro professionale culminò tra gli anni '80 e '90 con L'Appello del martedì ideata da Carlo Freccero e da lui. Freccero non ama ricordare molto il suo periodo berlusconiano, ma quel programma fu il suo capolavoro rivoluzionario in una tv imbalsamata. C'era Mosca, c'ero io al mio debutto nello sport grazie a lui, e c'era Helenio Herrera. C'era un letto con Paolo Villaggio e Moana Pozzi sdraiati. Io tornavo in albergo ridendo, meravigliato di essere pagato molto pur divertendomi. Poi dopo due anni, ci fu una lite furibonda tra gli ospiti, Franco Zeffirelli per la Fiorentina e Roberto Bettega per la Juventus. Non fu colpa di Mosca, ma la pagò lui e venne congedato dal programma. In seguito continuò il suo rapporto con Mediaset. Il grande Maurizio era lì. Negli anni esagerò con l'autoironia e divenne la caricatura di se stesso. Gli ultimi tempi non furono eccelsi, a mio parere. Era un grande giornalista sportivo e un attore comico. Io gli devo molto. Ho potuto essere libero anch'io, sotto la guida entrambi di un grande Ettore Rognoni, capo dei giornalisti sportivi Mediaset e di Controcampo».

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