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La vita di Cucchi si poteva salvare

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L'esperto: "Non è morto per disidratazione. C'è stata omissione e negligenza"

Monica Rizzello
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«La vita di Cucchi si sarebbe potuta salvare. Se fosse stata posta in essere un'idonea terapia si sarebbe potuto scongiurarne la morte». A parlare è Paolo Arbarello, direttore dell'istituto di Medicina legale dell'università La Sapienza nel corso di una conferenza stampa, in cui ha illustrato le conclusioni a cui è giunta la consulenza di un pool di esperti da lui guidati per far luce sulla morte di Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre scorso nel reparto protetto dell'ospedale “Sandro Pertini”. «Stefano Cucchi non è morto per disidratazione. La sera prima del decesso aveva assunto tre bicchieri d'acqua ed erano stati fatti dei prelievi di urina da cui è emersa una corretta funzionalità renale» ha dichiarato l'esperto, che accusa: «C'è stata omissione e negligenza. Stefano Cucchi andava trattato diversamente. In ospedale non è stata colta la gravità della situazione e determinante per la morte è stata l'omissione di un piano terapeutico adeguato». «A Cucchi non sono state attuate terapie che potevano evitare la morte. Rimane il dubbio sul perché sia stato avviato a quel reparto: reparto di medicina protetta non era idoneo alla sua condizione. Non sappiamo il perché sia stato ricoverato in quel reparto e non in un altro» - ha concluso Albarelli - «L'assistenza non è stata adeguata. Invece le indicazioni del “Fatebenefratelli” e di Regina Coeli erano corrette».

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