Cacciatori pazzi per lo spezzatino di ghiro
La Forestale lancia l'allarme: il piccolo roditore notturno rischia l'estinzione
Dopo sei mesi di letargo, il ghiro, ancora un po' intontito, rischia di cadere nelle trappole dei bracconieri affamati. Da secoli ormai le carni prelibate del piccolo roditore vengono cucinate: gli antichi romani mangiavano ghiri farciti e spezzatini alla luce del sole, oggi invece cacciatori senza scrupoli consumano di nascosto le due pietanze, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza della specie protetta. L'allarme viene lanciato dal periodico ufficiale del Corpo forestale dello Stato, che denuncia la diffusione di questa attività illegale, soprattutto sulle montagne della Calabria, nel Lazio, in Campania e in Toscana. In particolare nel Rossanese e nella Locride, fra le province di Reggio Calabria e Catanzaro, la Forestale ha messo a segno diverse operazioni di repressione del bracconaggio. Il ghiro - D'altra parte, il ghiro è facile da adescare, nonostante sia un animale notturno: simile a un topolino, con una lunga coda, il roditore si muove rumorosamente tra i rami e basta puntargli una torcia luminosa in faccia per disorientarlo. Ma a differenza di altri roditori piuttosto prolifici, generalmente partorisce una sola volta l'anno, tra giugno e ottobre e dà alla luce dai cinque ai sette cuccioli. I piccoli, nelle prime tre settimane sono ciechi e nudi, e, solo dopo questo periodo iniziale, saranno in grado di nutrirsi da soli. E' frequente che due o tre femmine allevino i figli insieme o addirittura condividano il rifugio durante il letargo. In autunno, prima di addormentarsi per sei mesi, l'animaletto incamera riserve nutrendosi di ghiande, castagne e frutti di bosco, alimenti molto nutrienti che lo fanno addirittura raddoppiare di peso. La ricetta dei romani - Gli antichi romani andavano molto ghiotti per il ghiro, che non poteva mancare sulle mense dei più ricchi. Durante la cena di Trimalcione, descritta da Petronio, e diventata la più celebre abbuffata dell'antichità, l'animale viene servito tra gli antipasti. Plinio e Varrone, due autori antichi, ci informano che i ghiri potevano essere allevati in recinti circondati da muretti oppure in orci di terracotta e nutriti con noci, castagne, nocciole e miele in modo da accelerarne e forzarne l'ingrassamento. Apicio, autore di un trattato di gastronomia, vissuto nel I secolo d.C. scrisse la ricetta del ghiro farcito con chenelle di maiale (polpettine di carne magra insaporite con spezie e cotte in acqua bollente) e frattaglie tritate, cotto alla brace su una tegola, oppure arrosto in un forno a campana e poi servita cosparsa di salsa di miele e papavero.