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Armeni, il genocidio 95 anni dopo

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Oggi l'anniversario della strage. Aspettando che la Turchia chieda scusa

Albina Perri
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Di Caterina Maniaci -Il monte Arat con le sue cime ammantate di neve e la pianura inondata di sole ai suoi piedi: è una delle immagini più belle e suggestive che sono presentate nella mostra fotografica di Graziella Vigo, "Viaggio in Armenia", allestita a Padova, che però è anche un libro fotografico emozionante. Quella immagine dell'Ararat è centrale per capire il sentimento di “amenità” che anima la vita e la storia di questo popolo perseguitato e per comprendere, fin dove è possibile, il senso di una ferita tanto devastante quanto profonda da non poter essere mai sanata. Ararat: il monte di Dio, dlela patria perduta, dle senso di unità frantumato, del desiderio del ritorno, del mistero del destino. Ararat, alla cui ombra sempre si forma e si disperde l'ombra del “Grande Male”, come gli armeni definiscono il genocidio che ha spezzato la loro storia. Il  24 aprile di ogni anno le comunità armene sparse nel mondo commemorano le vittime del genocidio perpetrato in Anatolia nel 1915 a danno della minoranza armena. In quell'evento disastroso, il primo del genere nel secolo ventesimo, e che di fatto aprì la strada ad analoghe disumane atrocità, trovarono la morte un milione e mezzo di armeni.  Anche la comunità italiana si troverà a commemorare il 95° anniversario del genocidio armeno che da qualche anno a questa parte è uscito dall'oblio in cui era stato sepolto. Il Parlamento italiano nel novembre del 2000 approvò all'unanimità una risoluzione che riconosceva e condannava tale genocidio. Anche grazie a tale pronunciamento l'opinione pubblica italiana è stata sensibilizzata ampiamente su questo argomento dagli articoli apparsi su giornali e riviste di ogni tendenza, e da una bibliografia che si arricchisce quotidianamente. E grazie anche a libri di grande successo internazionale, come “La masseria delle allodole” e “La strada per Smirne” di Antonio Arslan, che, con questi suoi romanzi, ha reso una vibrante e commovente testimonianza delle atrocità del genocidio. Anche la comunità armena di Roma ha voluto ricordare le vittime innocenti del 1915 con una commemorazione pubblica presso la chiesa armena di San Nicola da Tolentino, alla presenza di  Beatitudine Bedros XIX Tarmuni, Patriarca degli armeni cattolici di Cilicia, di Federico Roccia in rappresentanza del sindaco di Roma Gianni Alemanno, del presidente dell'Associazione BeneRwand Francoise Kankindi, dei rappresentanti dell'Associazione Nazionale Ex Deportati (Roma) e dell'Associazione Nazionale Perseguitati Politici (Lazio) e i rappresentanti della comunità armena romana. La commemorazione è stata preceduta da una funzione religiosa solenne officiata da monsignor  Joseph Kelekian, Rettore del Pontificio Collegio Armeno. Il ricordo e la commemorazione del genocidio armeno deve continuare ad affrontare il silenzio del governo turco,  che non lo riconosce. Anzi, ancora adesso toccare l'argomento in quel paese può essere pericoloso, sia da un punto di vista giuridico che di incolumità personale, come testimonia l'assassinio del giornalista Hrant Dink. Ma qualcosa forse sta cambiando, come testimonia l'appello di alcuni intellettuali turchi per una cerimonia di commemorazione del Medz Yeghern  (il Grande Male, appunto) nella piazza Taksim di Istambul proprio oggi. Nel testo dlel'appello si dichiara apertamente che quel lutto degli armeni  "è lutto  è di noi tutti". I promotori di questo appello sono più di 80 tra cui l'intellettuale Basken Oran, l'avvocato Fethiè Cetin, la storica e scrittrice Neshe Duzel, il presidente dell'organizzazione turca  dei Diritti Umani  Ozturk Turdoghan, e il deputato Oufuk Ouraz. Caterina Maniaci

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