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Caso Calvi, assoluzioni confermate

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L'accusa aveva chiesto l'ergastolo per Carboni, Calò e Diotallevi, accusati di aver ucciso il banchiere

Eleonora Crisafulli
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Assoluzioni confermate per Falvio Carboni, Ernesto Diotallevi e Pippo Calò, accusati di aver ucciso il banchiere Roberto Calvi, ex presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri, a Londra, il 18 giugno del 1982. La Corte di assise di appello di Roma ha ribadito il verdetto di primo grado del 6 giugno 2007, rigettando la richiesta di Luca Tescaroli, legale dell'accusa, secondo cui i tre imputati avrebbero dovuto scontare una condanna all'ergastolo per l'omicidio. Carboni, uomo d'affari, Calò, ex cassiere della mafia, e Diotallevi, già coinvolto in indagini sulla banda della Magliana (solo quest'ultimo era in aula oggi), avrebbero organizzato la morte di Calvi, in concorso tra loro e con altri non ancora identificati, avvalendosi delle organizzazioni criminali di tipo mafioso «per punirlo di essersi impadronito di notevoli quantitativi di denaro appartenenti alle organizzazioni stesse». Dalla vicenda erano già usciti di scena, con sentenza di assoluzione passata in giudicato, Silvano Vittor e Manuela Kleinzing. Il bachiere di Dio - La carriera di Calvi cominciò nel 1947, quando entrò nel Banco Ambrosiano, banca privata legata all'Istituto per le Opere di Religione (Ior), in qualità di semplice impiegato, per poi diventare direttore generale nel 1971 e presidente nel 1975. Riuscì ad avviare una serie di speculazioni finanziarie per lanciare l'istituto anche nella finanza internazionale, grazie alle amicizie con membri della loggia massonica P2  e i rapporti con esponenti mafiosi. Nel 1975 Sindona gli presentò Licio Gelli e Calvi entrò nella loggia. Intrecciòuna fitta rete di società create in paradisi fiscali con lo Ior. Su richiesta del Vaticano, finanziò «Paesi e associazioni politico-religiose» soprattutto nell'Europa orientale e in America Latina «allo scopo di contrastare la penetrazione e l'espandersi di ideologie filomarxiste». Il giallo della morte - Alle 7,30 del 18 giugno 1982 il “banchiere di Dio” viene trovato da un impiegato delle poste, A.D. Huntley, sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. Il corpo viene trasportato da un'imbarcazione della polizia fluviale al Dipartimento di medicina forense del GuysHospital. La perizia necroscopica del prof. E.K. Simpson accerta che la morte è avvenuta "per asfissia da impiccamento mediante costrizione violenta del collo per effetto della corda a cui è stato trovato appeso il corpo". La prima indagine si chiude con il verdetto di suicidio, ma la seconda porta a una diversa conclusione: “Open virdict”. Si insinuano così i primi dubbi sulla morte del presidente del Banco Ambrosiano, condivisi dal giudice istruttore di Milano, che ha disposto una perizia collegiale. Omicidio o suicidio - Il Tribunale civile del capoluogo lombardo ritiene fondata l'ipotesi di omicidio, a seguito della causa intentata dalla vedova, Clara Calvi, contro le Assicurazioni Generali. Sul cadavere vengono trovati un passaporto intestato a Roberto Calvini, due orologi Patek Philippe, uno da polso e uno da taschino, tre paia di occhiali, diecimila dollari in banconote da cento, franchi svizzeri, scellini, tre   sterline inglesi e 54mila lire italiane. Dalle tasche del banchiere vengono estratti cinque frammenti di materiale edilizio del peso di 5 chili, utilizzati come zavorra. Non viene trovata, invece, la chiave n. 881 del Chelsea Cloister, dove Calvi ha alloggiato fino alla  sera prima della morte. La perizia medico-legale elaborata dal professor Ugo Fornari per  il gip di Roma Mario Almerighi nel '97 concluderà che qualcuno, "stando in piedi alle spalle di Calvi, gli abbia rapidamente, e cogliendolo di sorpresa, fatto passare il cappio al di sopra del capo,  stringendolo poi al collo". Fornari indica l'ora della morte tra l'1.50 e le 2.10 della notte del 18 giugno. Il movente e le prove - Per i presunti assassini, il banchiere aveva male amministrato il denaro di Cosa Nostra e avrebbe potuto rivelare i segreti del sistema di riciclaggio messo in piedi attraverso il Banco Ambrosiano. Secondo la tesi dell'accusa, inoltre, dopo il delitto, Calò, Carboni, Diotallevi, Vittor e Kleinszig avrebbero potuto avere maggiore peso negoziale nei confronti dei personaggi coinvolti da Calvi. Il processo di primo grado si chiude con una sentenza di assoluzione, per insufficienza di prove. Ancora oggi la morte di Calvi resta avvolta nel mistero.

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