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I vescovi bocciano il federalismo fiscale

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"Non trova adeguata soddisfazione il principio di sussidiarietà - denuncia la Cei- come dimostra il caso della sanità"

Michela Ravalico
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Il federalismo fiscale, per come è stato concepito sinora, non piace alla Cei. La Conferenza episcopale italiana, l'organo che rappresenta i vescovi, boccia il processo federalista perché non è abbastanza solidale. E ne è un lampante esempio, secondo i vescovi, la gestione della Sanità. La critica è contenuta nel documento preparatorio della prossime “Settimane sociali”, evento clou del cattolicesimo italiano, che si terrà a Reggio Calabria ad ottobre." Il sistema fiscale - si legge nel testo - è l'architrave del processo federalista ma così come è stato   concepito fino ad ora rischia di moltiplicare il centralismo senza  aprire la porta alla sussidiarietà e ai poterei decentrati sul   territorio".  Il punto cardine è quello della sussidiarietà. Secondo i vescovi, "al momento si prevedono dosi massicce di uniformità anche per i territori fiscalmente autosufficienti, rimettendo in moto un meccanismo centralistico che non fa crescere poteri e responsabilità, che rende un servizio incerto al principio di solidarietà e dimentica i pregi sistemici del principio di sussidiarietà". Il caso sanità -  Il dramma dell'assenza di sussidiarietà, secondo la Cei, "si manifesta in misura eclatante nel caso della sanità e richiama più in generale la necessità di garantire i livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale. Il diritto alla vita diviene un esercizio retorico senza quello a un'adeguata assistenza sanitaria.  Tuttavia si deve a ogni costo evitare che questa ragione giustifichi il finanziamento dell'inefficienza e della quota parassitaria dell'interposizione pubblica nei diversi territori".  

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