Cerca
Cerca
+

Inchiesta G8, si indaga su una nuova casa

Esplora:
default_image

Spunta una quinta compravendita perfezionata con i fondi neri di Anemone. Il proprietario è il capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture

Eleonora Crisafulli
  • a
  • a
  • a

Nell'inchiesta sugli appalti del G8 spunta una nuova casa e una quinta compravendida. Le indagini si concentrano adesso su altri assegni dal valore complessivo di 562mila euro, firmati da Angelo Zampolini, architetto di fiducia dell'imprenditore Diego Anemone, e sul capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture, l'ingegner Ercole Incalza, che avrebbe acquistato per soli 390mila euro un appartamento di cinque camere a due passi da piazzale Flaminio, in via Emanuele Gianturco 5 a Roma. A vendere sono Maurizio De Carolis e Daniela Alberti, ufficialmente giardinieri, mentre a comprare è un dirigente, Alberto Donati, dietro cui si nasconderebbe, secondo gli inquirenti, Incalza. L'operazione, che risale al luglio del 2004, si aggiunge alle quattro operazioni sospette già venute alla luce: l'acquisto da parte dell'ex ministro Claudio Scajola dell'appartamento fronte Colosseo, le due case comprate dal generale della Gdf Francesco Pittorru e quella acquistata dal figlio di Angelo Balducci, Lorenzo. Incalza è il suocero di Donati e sarebbe lui ad aver indicato al genero la figura di Anemone per trovare una casa a Roma. L'atto di compravendita è redatto dal solito notaio Gianluca Napoleone, lo stesso che ha firmato le altre quattro operazioni immobiliari realizzate con fondi portati da Zampolini. "Il 7 luglio 2004 (il giorno dopo il rogito firmato da Scajola) - si legge nell'informativa della Gdf - Zampolini si presenta nella filiale 582 di Roma della Deutsche Bank con 520mila euro in contanti e chiede l'emissione di 52 assegni circolari da 10mila euro intestati a Maurizio De Carolis". Lo stesso giorno, nello studio del notaio Napoleone, De Carolis vende la casa ad Alberto Donati, un appartamento "al piano secondo, distinto con il numero 12, composto da 5 camere ed accessori con annessa cantina posta al piano sotterraneo". La cifra ufficiale di vendita riportata sul contratto è di 390mila euro: 150mila la parte venditrice dichiara "di averli ricevuti prima d'ora dalla parte acquirente", mentre altri 240mila dovevano essere versati entro il 30 luglio. L'ingegnere si dice sereno: "È una vicenda che mi lascia assolutamente tranquillo. Se mai sarò chiamato a spiegarla fornirò tutti i chiarimenti necessari alle autorità competenti". In attesa che il tribunale del riesame decida se l'inchiesta sia di competenza di Perugia o Roma, i magistrati perugini Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi continuano a indagare per ricostruire il percorso del denaro che - scrivono nella richiesta d'arresto per il commercialista Stefano Gazzani e per il funzionario pubblico Claudio Rinaldi - dalle mani di Anemone e attraverso Zampolini, che si occupava di "investimenti finanziari in immobili con intestazione a favore di terzi", era destinato alla "remunerazione dei pubblici ufficiali". Denaro proveniente dai conti di Zampolini ma anche dai 30 (di cui 23 ancora attivi) intestati nella banca delle Marche alla segretaria dell'imprenditore, Alida Lucci. In questo quadro gli accertamenti delegati al nucleo tributario della Guardia di Finanza hanno già dato i primi esiti e in procura a Perugia c'è la certezza che una nuova operazione da 562mila euro sia stata compiuta da Zampolini, trasformando denaro contante - secondo gli inquirenti sempre di Anemone - in assegni circolari.

Dai blog