Cerca
Cerca
+

Spaccatura in Magistratura democratica: anche i giudici di sinistra sono stufi dei giudici talebani

Esplora:
default_image

di Gianluigi Nuzzi

Tatiana Necchi
  • a
  • a
  • a

Adesso come la mettiamo? Le toghe di sinistra come devono porsi con il governo di Berlusconi che sembra reggere qualsiasi affanno giudiziario? Che linea assumere con chi come il guardasigilli Angelo Alfano chiede dialogo e confronto? Sono domande da non porre in questi giorni ai giudici. Soprattutto agli aderenti di Magistratura democratica, la corrente di sinistra doc delle toghe che sta attraversando una delle fasi più delicate della sua storia. All'orizzonte infatti si paventa il rischio di una frattura che può indebolire quel fronte che vedeva nell'anti berlusconismo sempre e comunque il punto di convergenza. Non è più così. L'anima riformista, rappresentata dai vari Edmondo Bruti Liberati, Vittorio Borraccetti, Nello Rossi, sostiene una linea di dialogo e confronto con il governo. I duri e puri come Giancarlo Caselli e Livio Pepino puntano sull'intransigenza e l'interruzione di qualsiasi canale diplomatico con il premier. I primi raccolgono incarichi prestigiosi (da ultima la guida della procura di Milano), gli altri soffrono un disagio che li spinge verso il radicalismo di Movimenti riuniti, la corrente che vede Armando Spataro tra i suoi leader. Aprendo un periodo di instabilità e rivisitazione di forze e alleanze. La fotografia più nitida viene dalla procura di Milano. Agli inizi di maggio, come noto, in quinta commissione al Csm, il parlamentino delle toghe, Edmondo Bruti Liberati ha raccolto la maggioranza dei consensi. Ma non tutti. Non c'è stata l'attesa convergenza. Ferdinando Pomarici, procuratore aggiunto di Milano, grande amico di Spataro e candidato di spessore ha infatti ottenuto il voto del togato Ciro Riviezzo del Movimento per la giustizia. Insomma l'unanimità attesa non c'è stata. Un brutto segno per le toghe di sinistra, confermato ancora in questi ultimi giorni. Prassi vuole infatti che chi è uscito sconfitto dall'urna della commissione ritiri la sua candidatura per evitare fratture nel plenum del Csm chiamato a ufficializzare la nomina del collega uscito vincente dallo scrutinio in commissione. Invece, Pomarici non ha revocato la domanda. Una mossa che viene letta da diversi consiglieri del Csm proprio come “sfida” che si giocherà tutta interna alla sinistra. Sarà infatti l'assemblea a palazzo de' Marescialli a fare la conta. Con uno spostamento di sostegno non indifferente e cambiamento di scenario. Basta guardare i laici del Pdl. Hanno subito colto lo spazio e sostenuto l'ala riformista di Md. Tra i grandi elettori di Bruti Liberati, infatti, sono scesi in campo pezzi del Pdl. Un sostegno difficile da ipotizzare solo qualche anno fa, prima, ad esempio, che Bruti Liberati e Rossi affermassero di togliere l'appello del Pm in caso di assoluzione in primo grado. Sia Michele Saponara, consigliere al Csm e già sottosegretario al Viminale per Forza Italia, sia il sottosegretario Giacomo Caliendo hanno sondato gli umori della Milano in toga e sostenuto apertamente Bruti Liberati. Tanto da abbandonare il candidato iniziale ovvero il procuratore generale di Bari Pizzi. Ieri con Vittorio Borraccetti, procuratore a Venezia e altra voce moderata di Md, il prossimo procuratore di Milano ha raccolto in convegno la magistratura che lo sostiene. In Md le due anime si allontanano in un processo destinato ad accentuarsi nei prossimi mesi, di fronte ai tavoli del confronto che verranno sottoposti. E che durante le votazioni  per gli incarichi direttivi ha avuto momenti di autentica passione. Sempre per rimanere a Milano basti ricordare l'infornata di nomine per quattro caselle chiave. A febbraio il Csm promuove in un incredibile testa a testa Alfonso Marra (Unicost) al vertice della Corte d'Appello. Marra la spunta sull'agguerrito Renato Rordorf, consigliere di Cassazione e candidato del blocco della sinistra grazie a due voti. A sorpresa oltre ai voti dei laici del PdL, dell'Udc, del vertice della Cassazione, il magistrato si aggiudica anche un voto catapultato proprio dalla sinistra, quello della laica Celestina Tinelli di area Pd. I voti di Tinelli e Saponara non sembrano casuali. E suonano da preludio a quanto si giocherà nelle prossime tappe per la nomina dei vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Gaetano Pecorella, come anticipa Franco Adriano su Italia Oggi. Pecorella a duello con Giuseppe Gargani, altro alfiere del Polo, per sostituire il vicepresidente uscente Nicola Mancino. Chi vincerà tra i due? Presto per dirlo. Anche perché potrebbe spuntare il terzo incomodo. Ovvero quel Michele Vietti, già consigliere a palazzo de' Marescialli e uomo di dialogo tra Fi e Casini.  [email protected]

Dai blog