Intercettazioni, scontro tra i presidenti delle due Aule
Fini, "Riflettere ancora". Schifani "Io non giudico lavori Camera". Intanto il testo è in discussione al Senato
Scoppia la bagarre tra presidenti di Camera e Senato. Oggetto del contendere, il ddl intercettazioni. Il testo è approdato oggi pomeriggio al Senato per la discussione preliminare. Ad aprire il fuoco delle polemiche è stato Giafranco Fini. "Ho dei dubbi sul testo al Senato, la norma transitoria contrasta con il principio di ragionevolezza. E' opportuno che il Parlamento rifletta ancora" ha dichiarato il presidente della Camera dei deputati a margine della cerimonia di presentazione del libro 'Il futuro della libertà', mentre la discussione in Senato era già cominciata. "Mi inquieta un pò - ha proseguito Fini - anche il limite di tempo di 75 giorni. Non si può intervenire con una mannaia. Il mio auspicio è che il dibattito affronti anche queste questioni che non sono state affrontate bene, specialmente dalla maggioranza. Alla Camera, se i deputati lo riterranno necessario, si potrà intervenire", ha concluso Fini. Ed è proprio la stoccata finale ad aver irritato il presidente della Camera Alta, Renato Schifani. "Da quando sono Presidente del Senato non mi sono mai occupato di dare valutazioni politiche sul merito di argomenti all'esame di questo ramo del Parlamento - ha detto palesemente seccato Schifani - Il ruolo del Presidente del Senato è quello di essere garante delle regole e dei diritti della maggioranza e dell'opposizione. E' un dovere di terzietà. Men che meno mi sognerei di dare giudizi politici o di merito su argomenti all'esame dell'altro ramo del Parlamento". Bondi spalleggia Schifani- Disappunto per l'uscita di Fini è stato espresso anche dal coordinatore del Pdl e ministro della Cultura, Sandro Bondi. Mi chiedo non se sia corretto ma se sia utile e ragionevole che il Presidente della Camera esprima un giudizio politico nel merito di un provvedimento nel mentre lo si sta discutendo nell'aula del Senato". Il ddl sulle intercettazioni è approdato in Senato alle 16 di questo pomeriggio. Dopo le discussioni, le retromarce e le polemiche in commissione Giustizia, il discusso provvedimento che mira a limitare l'uso delle intercettazioni è approdato a Palazzo Madama per la discussione parlamentare. Per quanto l'obiettivo della maggioranza sia di arrivare alla pausa estiva di agosto con il disegno di legge approvato (e quindi pronto a tornare all'esame della Camera), i 160 emendamenti presentati dalle opposizioni e la richiesta fatta dai "finiani" di non discostarsi dal testo approvato dai parlamentari di Montecitorio rischia di frenare sensibilmente la tabella di marcia stilata dal premier Berlusconi e i suoi uomini. Tuttavia la bagarre politica già vista nella prima approvazione alla Camera dell'11 giugno 2009 sta montando. Oltre alle rimostranze degli editori e degli stessi magistrati, anche i gruppi di minoranza criticano aspramente il provvedimento. L'Italia dei Valori mette in risalto soprattutto il divieto di pubblicazione di atti non più coperti dal segreto istruttorio, visto come una forma di censura per la stampa. Dura anche Angela Finocchiaro (PD). "Ma quale tutela della privacy? La verità è che vogliono intralciare con ogni mezzo ben precisi processi e impedire ai cittadini di sapere quel che realmente accade. Ora è arrivata la perla finale: le norme si dovrebbero applicare anche alle indagini in corso". Oltre ai due blocchi contrari, a preoccupare i senatori del PdL sono soprattutto le posizioni dell'UDC e dei finiani: se a Palazzo Madama dovesse spirare vento contrario nei confronti del provvedimento, a questo punto non si esclude nulla, nemmeno il ricorso alla fiducia.