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Chiedeva il pizzo dall'ospedale. Condannato a 15 anni

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Il boss Mulé fu arrestato nel 1994. Martedì la sentenza del Tribunale di Messina

Roberto Amaglio
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Nemmeno il ricovero nel reparto di malattie infettive era riuscito a fermare il giovane boss del Rione Villa Giuseppe Mulé che, nonostante fosse bloccato nel suo letto dell'ospedale "Margherita" di Messina, continuava con professionalità intatta a richiedere il pizzo ai commercianti della sua area di competenza. Questo quanto emerge dalla sentenza emessa martedì dai giudici della Seconda Sezione penale del Tribunale peloritano che, dopo meno di un'ora di camera di consiglio, hanno inflitto al 40enne messinese 15 anni di reclusione contro i 9 chiesti lo scorso 11 febbraio dal Pm Fabio D'Anna. Pare infatti che il boss fino a metà degli anni '90 continuasse a imporre il pizzo ai commercianti che, visto il suo ricovero in ospedale, dovevano portargli i soldi di persona. Mulé chiedeva inizialmente da 50 a 100 milioni di lire per ottenere poi il 10% della sommma, più un fisso mensile. In caso di rifiuto, ci pensavano i suoi scagnozzi a fare il lavoro sporco, danneggiando i locali dell'esercente disobbediente. Oltre alla severa condanna al boss, altra sentenza di colpevolezza è stata emessa a carico del commerciante Antonino la Rubina (tre anni e mezzo). Assolti invece, per non aver commesso il fatto, il cognato di Mulè, Nino Romano (6 anni chiesti dall'accusa), i commercianti Santi e Carmelo La Rubina (3 anni e 3 mesi e 3 anni) e Santo La Maestra (3 anni). Da segnalare che tra inchiesta e processo, la Giustizia ci ha impiegato quasi sedici anni per arrivare alla sentenza: il blitz che ha portato all'arresto di Mulé era stato effettuato il 12 agosto 1994, dopo che la testimonianza di una prostituta vicina agli ambienti del boss aveva avviato l'indagine "Rinascita".

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