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I due beccamorti

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Appunto di Filippo Facci

Tatiana Necchi
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Cominciamo con Travaglio. È passato dal Giornale alla Voce: la Voce ha chiuso. È passato al Borghese: il Borghese ha chiuso. È andato da Luttazzi: gli hanno chiuso il programma. Ha promosso Raiot della Guzzanti: mai andato in onda, al pari dei programmi di Oliviero Beha e Massimo Fini. Ha sostenuto Santoro: e Santoro mancò dalla tv per il periodo più lungo della sua vita. Ha sostenuto la candidatura di Caselli all'Antimafia: hanno fatto una legge apposta per escluderlo. Ha sostenuto Woodcock: plof. Ha sostenuto la Forleo e De Magistris: una tragedia. Poi c'è Di Pietro. Sua sorella, nel 1954, morì nel sonno. L'amico con cui usciva la sera, nel 1967, si schiantò in auto e ci rimase secco. Una donna che Di Pietro frequentava a Bergamo, nel 1983, si schiantò e ci rimase anche lei. Il padre di Di Pietro, nel 1987, mentre scaricava un trattore, fu travolto fatalmente da cinque balle di fieno. Sua nipote, nel 1989, depressa, sparò al figlio prima di suicidarsi. Gli amici politici che Di Pietro frequentava negli anni Ottanta, in buona parte, sono stati arrestati: da lui.  Il migliore amico di Di Pietro, quest'anno, è stato condannato a 21 anni per omicidio: Tonino era parte civile contro di lui. Per il resto, com'è noto, allearsi politicamente con Di Pietro equivale al bacio della morte. Tutto questo per ricordare che Di Pietro e Travaglio, nei giorni scorsi, in scritti e discorsi, hanno sostenuto che Berlusconi porterebbe jella.

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