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Turismo sessuale, occidentali in Cambogia in cerca di bambine

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Cresce il traffico di esseri umani in Asia. Le vittime sono donne e minorenni costrette a prostituirsi da sfruttatori locali e stranieri

Eleonora Crisafulli
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E' luglio. È il momento delle tanto attese vacanze estive. Come ogni anno, c'è chi sceglie di andare al mare, chi preferisce la quiete della montagna e chi segue il corso di una moda disumana sempre più diffusa, oltrepassa i confini dell'Italia per cercare nei Paesi poveri del mondo sesso e minorenni a basso costo. Tra le mete preferite, dopo Brasile e Thailandia, la Cambogia. “Che c'è di male?”, obietterebbe il turista sessuale pronto per l'esperienza, “non faccio altro che adattarmi all'ambiente in cui mi trovo. I primi ad andare a letto con le ragazzine sono proprio i cambogiani. Provo qualcosa di nuovo per me e di normale per loro. Non sono un mostro, sono l'occidentale buono, che porta soldi”. Questo si ripete il vacanziere per trovare una giustificazione alla sua condotta, così la coscienza è a posto e si può comprare sesso dalle bambine e poi tornare tranquillamente a casa senza pensarci. Il turista a caccia di nuove emozioni, si distingue dal pedofilo per l''occasionalità' del suo comportamento  e per un cervello “meno “ malato, ma nulla lo differenzia da uno stupratore di bambini: distrugge per sempre la vita di un innocente e arricchisce gli sfruttatori, senza liberare certamente la piccola vittima dalla povertà e dalle catene imposte dai suoi aguzzini. Una vittima su tre è una bambina - A parlare sono i fatti e numeri. Numeri come quelli della ricerca sul traffico di esseri umani in Cambogia nel 2009, finanziata dalla Ong Intervita, che da anni si occupa di prevenzione per i minori in Asia, Sud America e Africa. I risultati emersi, e presentati stamani a Milano, sono allarmanti. Ogni anno le vittime del traffico di essere umani nel sud est asiatico sono almeno 200-225mila tra donne e bambini. La povertà, la disoccupazione, l'esodo dalle campagne, la corruzione e la posizione geografica fanno della Cambogia un paese di origine e transito delle vittime della tratta. I 109 casi analizzati raccontano che le vittime sono donne sotto i 39 anni, il 36,7% minorenni, la più piccola ha sette anni. Circa la metà di loro proviene da famiglie disgregate e instabili economicamente. Il 36% è analfabeta e il 12% è stato coinvolto nel traffico con le proprie sorelle. Come spiega il responsabile in Cambogia della Ong, Chin Chanveasna, il fenomeno è ancora “sottostimato”, pur essendo in crescita: rispetto al 2008, infatti, la ricerca ha evidenziato un aumento esponenziale del 49% dei casi. Il 26% delle vittime sono state costrette a entrare nel giro della prostituzione, nei centri massaggi e nei locali notturni come ragazze karaoke. Solo per 15 di 53 denunce sono state condotte delle indagini che hanno portato all'arresto di appena 13 persone. “Qui entra in gioco - ha detto il direttore generale di Intervita Daniela Bernacchi - il turismo occidentale, che in Cambogia sta crescendo. Sugli 83 trafficanti oggetto della ricerca, per la prima volta si registra la presenza di due occidentali”. Non solo fruitori quindi, ma sfruttatori essi stessi. Secondo i dati del ministero del Turismo cambogiano, i turisti italiani nel 2009 sono stati 17.154, dei quali il 63% uomini (contro una media negli altri Paesi del  58%). L'Italia, inoltre, è il quinto Paese europeo per flussi turistici in Cambogia dopo Olanda, Germania, Francia e Regno Unito. Le soluzioni - Il programma di ricerca NGO Joint Statistics: Database Resort on Rape and Trafficking, avviato nel 2003 da due coordinamenti di ONG cambogiane, si propone di raccogliere e analizzare i dati sui casi di traffico per sfruttamento sessuale e stupro nel Paese. Studiare le cause, i processi e le dinamiche del fenomeno consente alle Ong impegnate sul campo di assistere le autorità e la società civile nell'identificazione delle aree di intervento. Oltre che migliorare i programmi di accoglienza, assistenza legale, orientamento e supporto medico. Intervita Onlus sostiene il progetto dal 2009 e ha supportato la realizzazione della quarta edizione del rapporto. Il suo intervento in Cambogia prevede sia assistenza alle vittime sia attività di prevenzione attraverso la sensibilizzazione della popolazione locale e dei turisti, che faccia emergere il dramma vissuto da centinaia di bambini di strada, orfani o incaricati di supportare economicamente la famiglia. Tra le iniziative sul territorio: una rete di 100 conducenti di moto risciò (tuk tuk), il mezzo di trasporto più utilizzato dai turisti  e corsi di formazione per 50 gestori di hotel e guest houses; l'introduzione di un codice etico contro lo sfruttamento sessuale nel turismo cambogiano; il rafforzamento di strumenti di protezione per i bambini, come i servizi di help line telefonica per denunciare i casi; cartelloni informativi in punti strategici; 4000 libretti sulla lotta al turismo sessuale. Ai turisti poi bisogna ricordare che i reati commessi all'estero vengono puniti dalla legge italiana. E l'atto sessuale con un minore in cambio di denaro non è “un piacere da sperimentare in  vacanza”, ma un reato.

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