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Maxi blitz contro la 'ndrangheta. 305 persone arrestate

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Come anticipato da "Libero" in edicola questa mattina, è la più grande operazione anti mafia degli ultimi anni. In manette Oppedisano, numero uno delle cosche calabresi. In carcere anche il direttore dell'Asl di Pavia

bonfanti ilaria
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Maxi inchiesta al Nord su ‘ndrangheta e politica. Prima ancora che la portata dell'operazione, oltre 3000 agenti impegnati e più di trecento persone arrestate, quello che colpisce è l'infiltrazione mafiosa in ambienti e territori apparentemente incontaminati. Amministrazioni locali del pavese, dell'hinterland milanese e delle province lombarde finiscono sotto i riflettori. Le procure di Milano e Reggio Calabria, coordinate dal pm Ilda Bocassini, indagano sui capi della ‘ndrangheta che agiscono nelle regioni del Nord Italia: 320 persone sotto inchiesta, 305 ordini di custodia cautelare contro boss, trafficanti e killer, accusati di associazione di tipo mafioso, smercio di armi e stupefacenti, omicidio, estorsione e usura. Arresti in Lombardia - Tra gli “insospettabili” sono stati fermati dalla Dia del capoluogo lombardo, Carlo Antonio Chiriaco, classe 1959, nato a Reggio Calabria, direttore sanitario dell'Asl di Pavia, Francesco Bertucca, imprenditore edile del pavese e Rocco Coluccio, biologo e imprenditore residente a Novara. Insieme a loro, anche Pino Neri, boss della 'ndrangheta in Lombardia, accusato tra l'altro di avere convogliato alcuni voti elettorali a favore del deputato del Pdl, Giancarlo Abelli, proprio su indicazione di Chiriaco. In un'intercettazione telefonica riportata nell'ordinanza il direttore della Asl dice a un infermiere di essere disposto a dargli dei soldi affinché gli procuri un centinaio di voti da convogliare sul candidato prescelto alle elezioni amministrative.  In un'altra telefonata Chiriaco, che è stato per anni segretario provinciale della Democrazia Cristiana, si vanta di essere stato tra i fondatori della 'ndrangheta in Lombardia. Gli investigatori hanno sequestrato un ingente patrimonio al direttore della Asl, ritenuto del tutto incompatibile con la sua attività lavorativa. Abelli resta invece estraneo ai fatti e non è indagato. Sotto inchiesta anche l'assessore comunale di Pavia, Pietro Trivi, per corruzione elettorale, e l'ex assessore provinciale milanese, Antonio Oliviero, per corruzione e bancarotta. Oliviero sarebbe stato in stretti rapporti con l'imprenditore Ivano Perego, arrestato per associazione mafiosa, responsabile della Perego Strade. La società sarebbe stata controllata dalla famiglia Strangio, una delle più note della mafia calabrese, che avrebbe tentato di partecipare direttamente all'affidamento degli appalti per l'Expo 2015. I boss della 'ndrangheta - Finisce in manette Domenico Oppedisano (nella foto), di 80 anni, considerato dagli investigatori l'attuale numero uno delle cosche calabresi. La sua nomina a "capo crimine", ossia al vertice dell'organismo denominato "Provincia", sarebbe stata decisa il 19 agosto del 2009 duranta il matrimonio tra Elisa Pelle e Giuseppe Barbaro, entrambi figli di boss. Secondo le forze dell'ordine, Oppedisano era il "punto di riferimento dell'intera organizzazione" e fautore di una politica pacifista all'interno del suo clan", chiamato in causa per la "risoluzione di controversie" sorte nell'ambito della criminalità organizzata per la spartizione di appalti, anche al Nord, e "per le liti tra locali anche all'estero". Gli inquirenti sottolineano anche che tutte le cariche dell'organizzazione furono assegnate durante il matrimonio. Le indagini sono partite dall'omicidio di Carmelo Novella, detto compare Nuzzo, nominato capo, ma ucciso dai calabresi il 14 luglio 2008 in un bar di San Vittore Olona, per le sue tendenze giudicate eccessivamente autonomiste. Novella aveva  detto in giro che "la Lombardia" avrebbe potuto "fare da sola", senza la madre calabrese. Da quel momento l'organizzazione criminale ha cambiato volto: nel corso di una cena a Paderno Dugnano, Pasquale Zappia è stato nominato capo regionale, su indicazione del boss Neri, e si è creata una nuova rete di alleanze, che ha fatto della 'ndrangheta un'organizzazione a struttura verticistica e autonoma. L'operazione, che ha visto coinvolte tutte le famiglie reggine, ha consentito agli inquirenti di disegnare quel nuovo volto e individuare le proiezioni dell'organizzazione in Italia e all'estero. Di fatto sono state "destrutturate", dicono gli inquirenti, le cosche egemoni nel capoluogo reggino, nella fascia ionica ed in quella tirrenica, tra cui i Pelle di San Luca, i Commisso di Siderno, gli Acquino-Coluccio ed i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, i Pesce-Bellocco e gli Oppedisano di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli, i Longo di Polistena, gli Iamonte di Melito Porto Salvo. Le cosche sono organizzate a livello verticistico, c'è quindi un capo assoluto (Oppedisano) e, sotto di lui, i capi mandamento e i capi locali. Ma quello che emerge ancora una volta è che la 'ndrangheta "di periferia", quindi che penetra a Milano, Torino , in Canada o in Australia, dipende dalla "commissione" provinciale reggina. Nel corso dell'operazione gli uomini della Dia hanno eseguito 55 perquisizioni e sequestrato quote societarie e conti correnti denaro, armi, droga, beni mobili e immobili per decine di milioni di euro. Il messaggio di Maroni - Per il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, "si tratta in assoluto della più importante operazione contro la 'ndrangheta degli ultimi anni, che oggi viene colpita al cuore del suo sistema criminale, sia sotto l'aspetto organizzativo che quello patrimoniale". Roberto Maroni si è quindi congratulato con il capo della Polizia, Antonio Manganelli, e con il comandante generale dell'Arma, Leonardo Gallitelli "per l'eccezionale operazione antimafia condotta oggi in varie regioni d'Italia. Gli eccellenti risultati conseguiti in questi ultimi mesi contro la mafia sono il frutto di una costante ed efficace opera di coordinamento tra le forze di Polizia e la magistratura, tutte impegnate in modo straordinario nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata".

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