Dio, casa e famiglia
Appunto di Filippo Facci
Poi magari è un personaggio amabile, ma per ora l'identikit di Giancarlo Tulliani incarna un archetipo italianissimo e inconfondibile. Le ha davvero tutte: assillante, arrogante, millantatore, invadente, familista, scroccone, patito di calcio, sdraiato su tre status symbol quali la casa a Montecarlo e la fidanzata ossigenata e naturalmente la Ferrari. Nuova, ovviamente: mica poteva averla d'epoca o dell'anno scorso. Aggirare la coda facendo chiamare un potente come Montezemolo, poi, dev'esser stato il massimo: anche se non è vero che altrimenti servano mesi d'attesa, basta sborsare un lauto sovrapprezzo e molte concessionarie ce l'hanno in pronta consegna. Ma l'italiano non fa queste cose, anzi, chiede lo sconto perché deve sentirsi furbo. E non potrebbe avere, chessò, un'Aston Martin: lui vuole la Ferrari per poi magari - vedi servizio su Chi - lavarla al self service come un barbone, sistema perfetto per rovinare la verniciatura. Sarà contento almeno Montezemolo, dopo anni di amarezze: Berlusconi, da premier, ha regolarmente rifiutato le auto del gruppo Fiat e ha sempre prediletto le tedesche. Si presentò in Mercedes persino al funerale di Agnelli e rifiutò una Maserati Quattroporte regalata da Montezemolo in persona. Anche Fini, Visco, Prodi, Bossi e Bertinotti preferirono Bmw. Lancia Thesis, invece, per la controparte storica di Montezemolo: i tre leader confederali. E questa è sfiga.