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Lombardo si difende: "Mai preso soldi dal crimine"

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Il governatore siciliano: "Contro di me perché contro il premier". Gasparri: "Anche Pd chiede sue dimissioni"

Andrea Tempestini
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"Non ho mai preso soldi dalla mafia per finanziare una campagna elettorale. La mafia i soldi semmai li prende, non li dà". L'affermazione è del governatore della regione siciliana, Raffaele Lombardo, che si è difeso dalle accuse in una conferenza stampa venerdì pomeriggio a palazzo D'Orleans, la sede della regione. Lombardo vuole fare luce su alcuni passaggi dell'inchiesta della procura di Catania che coinvolge mafia e politica. Il governatore ha poi proseguito ammettendo che "qualche mano di troppo l'ho stretta" ma ha poi sottolineato come "gli incontri che ho avuto con alcune delle persone i cui nomi sono nell'inchiesta di Catania sono stati casuali e non voluti". Gli incontri, però, "sono stati tutti di natura politica". Lombardo si riferisce ai faccia a faccia con Rosario Di Dio, all'epoca sindaco di Castel di Judica, e con Raffaele Bevilacqua, consigliere provinciale Dc. Lombardo ha poi rilanciato: "Si vuol fare cadere il governo regionale e punire il Mpa, che non è alleato con il premier". Per il governatore siciliano "c'è stato nei miei confronti un attacco mediatico indecente". E ha fatto nomi e cognomi: "Il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, in dodici giorni mi ha riservato cinque aperture di telegiornale. Panorama mi ha dedicato tre titoli, e altrettanti ne ha scritti La Repubblica". "E' vero che il Tg1 si è occupato del caso Sicilia", ha replicato Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato. "Ma nei servizi del telegiornale a chiedere le dimissioni del presidente della regione sono stati Rita Borsellino, Enzo Bianco, Ignazio Marino e molti esponenti locali del Partito Democratico, e lo stesso Walter Weltroni è su queste posizioni". Lombardo, questa la sostanza del discorso di Gasparri, "sfugge il problema politico di una parte dei suoi alleati". A conforto delle sue ipotesi di complotto politico, Lomardo ha poi quindi tirato in ballo la procura di Catania, che "ha affermato come la proparalzione di queste notizie ha quasi sempre una matrice politica, e che la pubblicazione è determinata da interesse e da una contrapposizione" ideologica.  "Quando si parlò del mio possibile arresto, la procura mi comunicò che non c'erano iniziative in tal senso né per me né per mio fratello". Per tutta risposta, dal Pdl siciliano, è arrivato l'annuncio che sabato, "insieme ai ragazzi di Giovane Italia, scenderemo in piazza a Palermo per dire basta al governo Lombardo-Fini-Bersani". Il messaggio della sezione isolana è chiaro: "No ai ribaltoni. A casa un governatore sostenuto dagli stessi partiti che sono stati bocciati alle urne e che ora fanno da stampella alla quarta giunta Lombarda". L'annuncio è stato affidato a una nota firmata dai coordinatori regionali del Pdl, Giuseppe Castiglione e Domenico Nania. Il corteo partirà alle 16.30 da Piazza Croci, e arriverà a piazza Verdi, davanti al Teatro Massimo dove si terrà il comizio finale. Lombardo, incalzato da una domanda alla conferenza stampa di Palazzo D'Orleans, ha poi indirettamente risposto ai manifestanti. "Dimissioni? Non mi sono mai posto il problema", ha affermato, "questa è una cosa che non sta né in cielo né in terra".  Il governatore ha poi tirato in ballo il suo predecessore, Salvatore Cuffaro, ricordando che "si dimise in seguito a una condanna in primo grado e mentre era in corso un dibattito sulla sua decadenza".

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