Dell'Utri al Tg2: "Mangano mafioso? Non aveva mica un distintivo"
Dopo le motivazioni della Corte il Senatore parla in tv. I giudici di Palermo: "Ciancimino teste inattendibile"
Il Senatore Dell'Utri, intervistato oggi dal Tg2, è tornato a parlare delle indagini che lo riguardano. "Se sapevo che Mangano fosse un mafioso? Assolutamente no. Quando lo abbiamo assunto non aveva mica un distintivo" che lo indicasse. Marcello Dell'Utri nega di essere stato a conoscenza dei legami tra il cosiddetto "stalliere di Arcore" e Cosa Nostra. "Non potevamo sapere nulla della sua vita precedente, e non abbiamo chiesto informazioni", ha chiosato il Senatore. LE MOTIVAZIONI DEI GIUDICI DI PALERMO - I giudici della Corte d'appello di Palermo venerdì sera hanno depositato le motivazioni della sentenza di condanna a 7 anni del senatore Marcello Dell'Utri, avvenuta lo scorso 29 giugno: Dell'Utri avrebbe svolto una attività di "mediazione" e "specifico canale di collegamento" tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi. Ma tra le righe della motivazione si legge anche che non c'è una prova certa "né concretamente apprezzabile" del fatto che tra il senatore Dell'Utri e Cosa Nostra sia mai stato stipulato un "patto politoco-mafioso". Le relazioni tra la cosca e il Senatore sono state quindi riscontrate fino al 1992, ma non sono state dimostrate per quel che concerne il periodo della "scesa in campo" del Cavaliere. Il testo della Corte continua sottolineando "la palese genericità delle dichiarazioni dei collaboronanti" sul rapporto ipotizzato. Per i giudici (Corte presieduta da Claudio Dall'Acqua, giudici a latere Sergio La Commare e Salvatore Barresi) Dell'Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, "ha apportato un consapevole e valido contributo al consolidamento e al rafforzamento del sodalizio mafioso". Il suo ruolo sarebbe stato quello di "agganciare" Berlusconi, all'epoca "una delle più promettenti realtà imprenditoriali". Non accolta, dunque, la versione del pentito Spatuzza, che aveva parlato di un collegamento attivo tra mafia e Dell'Utri e Berlusconi anche durante il periodo immediatamente precedente all'entrata in politica del Cavaliere, tra 1993 e 1994. Dopo aver premesso di non aver ancora letto le moticazioni della sentenza, Marcello Dell'Utri ha commentato: "I giudici hanno ricicciato le stesse cose della sentenza di primo grado. Sono sostanzialmente le stesse accuse". Per il senatore si tratta di "una materia trita e ritrita: non c'è nulla di nuovo e sono tutte cose che abbiamo già visto". Dell'Utri comunque continua a dirsi "fiducioso, e lo sarò fino all'ultimo momento: altrimenti che faccio, mi uccido?". Il senatore ha poi aggiunto di non sentirsi "preoccupato: non vedo come mi possano condannare sul nulla". E' proprio per questo motivo che Dell'Utri crede molto nell'ultimo grado di giudizio: "Saranno i miei avvocati cassazionisti ad occuparsi ora del caso, prepareranno una difesa adeguata per rispondere a tutte le accuse e alle motivazioni della sentenza di secondo grado". La Corte d'Appello ha poi ribadito il suo giudizio sulla "inattendibilità" di Massimo Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco di Palermo, Vito, colluso con la mafia. E' questo il motivo per il quale i giudici avevano respinto la richiesta dell'accusa di far deporre Ciancimino come teste. Scrivono i giudici: "L'incontestabile progressione accusatoria che caratterizza con ogni evidenza le dichiarazioni sul conto dell'imputato non può che irrimediabilmente influire in maniera oltremodo negativa sull'attendibilità e sulla credibilità di Massimo Ciancimino". La corte insomma dubita "fortemente della credibilità ed affidabilità di un soggetto come Massimo Ciancimino finora rivelatosi, sulla base degli atti esaminati dalla Corte e con riferimento a quanto riferito sul conto dell' imputato, autore di altalenanti dichiarazioni che non ha esitato a rettificare o ribaltare nel tempo con estrema disinvoltura".