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Fiat, bagarre tra Camusso e Marchionne

La leader Cgil: "Insulta Paese". Lui: "Voglio innovare. Chi perde lo accetti". Poi la sindacalista attacca il governo: "Non fa suo lavoro". Landini (Fiom): "Far saltare Mirafiori"

Andrea Tempestini
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La moderata Camusso sputa la sua sentenza: "Sergio Marchionne insulta ogni giorno il Paese". Così il leader della Cgil, nella relazione introduttiva presentata all'assemblea nazionale delle Camere del Lavoro. L'accusa mossa a Fiat è quella di non rendere noti i dettagli del piano "Fabbrica Italia", e arriva il giorno successivo al monito di Marchionne, che in verità è stato molto chiaro: "Se a Mirafiori vince il 'no', andiamo in Canada". Poche ore dopo le parole del numero uno della Cgil, LA RISPOSTA DI MARCHIONNE - Da Detroit non si fa attendere la replica dell'ad del Lingotto: "Se insulto significa introdurre un nuovo modello di lavoro in Italia, mi assumo le mie responsabilità. Ma non lo è. E non si può confondere questo con un insulto all'Italia: anzi, le vogliamo più bene noi cercando di cambiarla. Il vero affetto è cercare di far crescere le persone e di farle crescere bene. Stiamo cercando di farlo nel nostro mondo, a livello industriale, e ciò non va confuso con un insulto". Marchionne è poi tornato sull'esito del referendum di Mirafiori: "Chi perde, anche se per un solo voto, ci deve stare". L'ad è stato categorico: "In qualsiasi società civile, quando la maggioranza esprime un'opinione, anche con il 51%, la minoranza perde e cede il diritto di gestire. Quando si perde si perde", ha chiosato. "Io ho perso tantissime vole in vita mia, sono stato zitto e sono andato avanti. Non ho reclamato. Se venerdì vincerà il sì avrà vinto il sì, e il discorso è chiuso". ATTACCO AL GOVERNO - La Camusso poi ha proseguito con un affondo contro l'esecutivo: "Se Fiat può tenere nascosto il piano è perché c'è un governo che non fa il suo lavoro ma è tifoso e promotere della riduzione dei diritti". La segretaria poi continua nel suo attacco, sostenendo che il governo abbia rifiutato "l'idea che le politiche industriali della crescita possano far parte dell'idea di governare". L'affondo è arrivato dal palco di Chianciano, e ha trovato il suo apice quando la Camusso ha dichiarato che l'esecutivo "è così tifoso che fa finta di non vedere che quando Marchionne insulta ogni giorno il Paese non offendo soli i lavoratori di quel Paese, ma giudica la qualità del governo stesseo e le risposte che vengono date". SU MIRAFIORI - Ovvio il muro eretto contro l'accordo di Mirafiori, che la leader Cgil bolla come una "violazione ancor più grave" rispetto a quella registrata a Pomigliano. Per la Camusso, infatti, l'accordo delinea "una lesione al diritto di parità dei lavoratori. Se la Fiom e la Cgil non restano dentro le fabbriche", continua la Camusso", rischiano di essere dipenenti e si potrebbe "creare un vuoto". IL REFERENDUM - Sulla consultazione di giovedì e venerdì prossimi il leader Cgil precisa che "un esito del referendum con i sì non lo auspichiamo ma non lo possiamo escludere". Questo, aggiunge, "come conseguenza porta anche l'esclusione della Fiom e della Cgil dalle fabbriche. Su questo dobbiamo continuare a riflettere". Camusso ribadisce la necessità di "sostenere e comprendere le ragioni del no. Non ci si può sottrarre dalla battaglia per il no, bisogna", continua il leader della Cgil riferendosi alle tute blu della Fiom, "che loro sappiano che hanno il sostegno di tutta la loro organizzazione". LANDINI: "FAR SALTARE ACCORDO" - "La Fiom non è spaventata dall'ad Marchionne che pensa di cancellare con un'intesa la libertà dei lavoratori. Dobbiamo far saltare l'accordo, renderlo non applicabile ed essere in grado di riconquistare i diritti che in termini sindacali significa riaprire la trattativa e considerare la vertenza aperta. Il problema è che tutto il sindacato e tutta la Cgil lo capisce e capisca quello che sta succedendo". Con queste dure parole si è epresso il segretario generale della Fiom Maurizio Landini, parlando all'assemblea delle Camere del Lavoro della Cgil. Il numero uno del sindacato ha spiegato che "non siamo solo di fronte a un brutto accordo o all'ennesima intesa separata ma siamo di fronte a un cambio d'epoca per il quale servono risposte straordinarie".

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