Otto deputati a Fini: "Dimettiti o ce ne andiamo"
Il leader confuso non convince i futuristi, che gli chiedono le dimissioni da presidente della Camera
Fuggire da Berlusconi per morire con Casini? No, grazie. E' dura la realtà per i deputati di Futuro e Libertà, e l'intervista del loro leader Gianfranco Fini a Repubblica non ha risolto la questione. Anzi, se possibile l'ha aggravata, perché l'ex numero uno di An, in un ritrovato spirito da presidente della Camera, ha cercato di ricucire gli strappi con la maggioranza, proponendo patti di salvezza nazionale poco credibili. Perché per ora, l'unica salvezza che sta a cuore a senatori e deputati di Fli è quella del partito. Un partito nato un mesetto fa e che rischia già di essere al capolinea. Fini, infatti, ha ribadito che, in caso di elezioni anticipate ("da evitare"), l'unica strada per Futuro e Libertà è allearsi con l'Udc nel 'Terzo polo'. Non esattamente una prospettiva allettante, per chi sperava di contare di più, sì, ma nella maggioranza. Per questo, è arrivata la lettera di otto futuristi (tra cui Menardi) al leader, con richiesta di dimissioni dalla carica di presidente della Camera. Un documento dal doppio significato: da un lato, richiesta di aiuto dalla 'base' parlamentare per non rischiare la deriva centrista. Solo Fini, infatti, riprendendo in mano il partito, può sottrarre potere a Italo Bocchino, volto, voce e mano delle strategie futuriste in queste ultime settimane e inviso ai più nello stesso movimento. Un Bocchino che, come svelato oggi da Franco Bechis su Libero a pagina 5, avrebbe addirittura presentato, da solo, tre simboli da spendere eventualmente in campagna elettorale. Già, ma con chi? Dall'altro lato, però, la lettera testimonia un malumore ormai non più contenibile. Da quando Fini ha rotto con Berlusconi, ha sempre rifiutato di lasciare la poltrona di Montecitorio. Difficile che lo faccia ora, pur se pressato dai suoi. Di fronte all'ennesimo rifiuto, però, sarebbe alle porte un'altra battaglia devastante: gli otto onorevoli, tra cui qualche senatore, potrebbero prendere armi e bagagli e far ritorno nel Pdl. A quel punto, il gruppo parlamentare di Fini sarebbe ridotto ai minimi termini, e quella "sconfitta politica" del 14 dicembre, ammessa dallo stesso Gianfranco, diventerebbe sconfitta totale.