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Bersani rifiuta il dialogo. Silvio: "Voto li punirà"

Berlusconi apre: "Agiamo insieme per la crescita". La sinistra: "Solo se lui si dimette". La replica del Cav: "Insolenti, sono sabotatori"

Andrea Tempestini
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La proposta bipartisan di Silvio Berlusconi al Pd è una bomba a scoppio ritardato. Lunedì mattina, la lettera pubblicata dal Corriere della Sera con cui il presidente del Consiglio, mettendosi alle spalle settimane di gossip e veleni, invita il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ad agire insieme in Parlamento, in forme da concordare, "senza pregiudizi ed esclusivismi", per "un grande piano bipartisan per la crescita dell'economia italiana". La risposta di Bersani arriva un po' in ritardo, sul tardo pomeriggio di oggi: "Noi siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità ma lui deve fare un passo indietro e togliere dall'imbarazzo se stesso e il Paese". Un mezzo 'ricatto', quello di Bersani, a scoppio ritardato, segno che prima forse è servita una messa a punto delle tante, troppe voci dell'opposizione. "Sono politicanti sabotatori e insolenti verranno puniti dal voto", è la replica, sprezzante ed immediata, di Berlusconi. Una risposta riferita sì al Pd (Enrico Letta aveva definito la proposta del premier come arrivata "a tempo scaduto") ma anche a chi, tra quelli del Terzo Polo, si erano detti più che scettici (per Francesco Rutelli era "un inganno"). CHI DICE NO ALLE RIFORME - Berlusconi però preferisce guardare avanti e pensare ai prossimi aiuti all'economia: "Entro la fine del mese di febbraio il governo riunirà gli Stati Generali dell'Economia e presenterà il suo rapporto per la crescita, con l'obiettivo di raggiungere entro cinque anni livelli di incremento del Prodotto interno lordo del 3-4%". Poi la puntata polemica contro chi 'tifa' per la patrimoniale, una manovra che andrebbe a colpire gli italiani più ricchi: "Il partito dell'imposta patrimoniale e dell'ipoteca pubblica sul patrimonio immobiliare, che si organizza con ogni evidenza per un nuovo esproprio di ricchezza a vantaggio della casta statalista e centralizzatrice, non deve prevalere - spiega Berlusconi -. Questo partito riceverà un primo, decisivo colpo con il varo dei decreti sul federalismo fiscale". La battaglia contro la patrimoniale è, per Berlusconi, la battaglia contro "i politicanti incapaci di vedere oltre la frontiera della Prima repubblica". Chi si assumerò la responsabilità "di sabotare con atteggiamenti ostruzionistici" il programma di riforme "votato dalla maggioranza degli italiani", ammonisce il Cavaliere, "ne renderà conto agli elettori, giudici sovrani esclusivi della politica nazionale". LA LETTERA DELLA DISCORDIA- La proposta è arrivata con una lettera firmata dal premier e pubblicata dal Corriere della Sera. Il piano del governo, continua Berlusconi, ha come fulcro la riforma costituzionale dell'articolo 41, "annunciata da mesi dal ministro Tremonti, e misure drastiche di allocazione sul mercato del patrimonio pubblico e di vasta defiscalizzazione a vantaggio delle imprese dei giovani". LA FRUSTATA - Al centro dell'attenzione del premier c'è la difficile congiuntura economica, e Berlusconi sottolinea come lo scopo "indiretto ma importantissimo" di una "frustata al cavallo di un'economia finalmente libera è di portare all'emersione della ricchezza privata nascosta: la più grande frustata che la storia italiana ricordi". L'obiettivo è quello di "portare la crescita oltre il tre-quattro per cento in cinque anni", in modo che i mercati caspiscano che "quella è la strada imboccata dall'Italia. Paese ancora assai forte. Paese esportatore con grandi riserve di energia di capitali, di intelligenze e di lavoro". Per raggiungere questi traguardi, prosegue il presidente del Consiglio, "occorre un'economia decisamente più libera, questa è la frustata di cui parlo, in un Paese più stabile, meno rissoso, fiducioso e perfino innamorato di sè e del proprio futuro". MODELLO TEDESCO - Infine il premier ribadisce il suo secco "no" alla patrimoniale, un'imposta che "impaurisce e paralizza il ceto medio": sarebbe "una rinuncia statalista, reazionaria, ad andare avanti sulla strada liberale". L'Italia, al contrario, deve fare come la Germania, soprattutto dopo "il varo dello storico accordo sulle relazioni sociali di Pomigliano e Mirafiori". La locomotiva di Berlino, secondo il premier, è "ripartita conj un balzo liberalizzatore e riformatore" impresso dalle riforme di Schroeder, ed è passata al "governo di unità nazionale" e per "la guida sicura e illuminata di Angela Merkel". Berlusconi, infine, si dice "preoccupato come e più del presidente Napolitano" a causa della "particolare aggressività che, per ragioni come sempre esterne alla dialettica sociale e parlamentare, affligge il sistema politico". Per questo motivo il premier si rivolge a Bersani, "in passato sensibile al tema della liberalizzazioni" e uomo della "cultura pragmatica dell'emiliano" nonostante "qualche sua inappropriata associazione al coro strillato dei moralisti un tanto al chilo".

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